Roz (Robin Wright) e Lil (Naomi Watts), due donne mature ma ancora affascinanti, vivono in una piccola comunità sul mare. Da quando si conoscono, Roz e Lil sono inseparabili e il loro affetto è cresciuto da quando, in segreto, entrambe hanno cominciato a provare attrazione l'una nei confronti del figlio dell'altra. Impaurite dal giudizio della gente, vivono per anni le loro relazioni di nascosto fino a quando un giorno tutto viene scoperto. Di fronte alla minaccia di una vita distrutta per sempre, madri e figli dovranno decidere se continuare ad assecondare i loro desideri o vivere un'esistenza più consona alle comuni regole morali.
SHORT SYNOPSIS:
A pair of childhood friends and neighbors fall for each other's sons.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
LO 'SGUARDO OLTRE' DEL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA DORIS LESSING INCANTA, SUL GRANDE SCHERMO - A DISPETTO DI UN SOGGETTO SCABROSO D'ALTRA PARTE RIVESTITO DI UN SOLIDO 'MULTISTRATO' IN GRADO DI SOSTENERLO - CON LA RAFFINATA MACCHINA DA PRESA DELLA REGISTA E ATTRICE FRANCESE ANNE FONTAINE. UNO SGUARDO INTIMO NELLE RUGHE PIU' INCONFESSABILI DI DUE DONNE ED INTERPRETI SOPRA LE RIGHE COME NAOMI WATTS E ROBIN WRIGHT, PER LA QUALE INVOCHIAMO L'OSCAR!
Quanti occhi bisogna chiudere per dare un giudizio obiettivo, e con il cuore in mano, a questo Two Mothers? Quanto si cavalca lo scandalo sull'onda dell'immorale per accreditarsi una vasta platea? E se a questo aggiungiamo l'avanguardismo sopra le righe e fuori dal pentagramma di regole precostituite, di una scrittrice come Doris Lessing, Premio Nobel per la Letteratura oggi ultra novantenne, autrice di Grandmothers (Le nonne) da cui è stato tratto il film? Come se non bastasse
di queste due donne, ma poi il film non è solo questo...". E aveva proprio ragione: il film è davvero molto di altro, tanto far sembrare quasi un pretesto il McGuffin dell'amore tutt'altro che ortodosso tra Roz/Wright per il figlio della migliore amica Lil (Watts), e tra quest'ultima ed il figlio della prima. Anche James Frecheville (Tom) e Xavier Samuel (Ian) servono bene il ruolo di icone di gioventù e bellezza: "Li abbiamo fatti noi?... Sono bellissimi, sono come dei". Sottile ma neppure troppo velato il richiamo ad una mitologia ben nota. Un pretesto per uno sguardo ed una riflessione a ben più ampio spettro, perfettamente nelle corde di quell'andare oltre che è proprio della Lessing, assidua frequentatrice notturna di bar in cui si raccontano molte storie, potenzialmente e irresistibilmente traducibili nero su bianco.
Ora, essendo personalmente distante anni luce dai ranghi di Premio Nobel per la letteratura, confesso di sentirmi
mortificata nel trovarmi nella circostanza di dover esprimere a parole l'incantevole e coraggioso viaggio nella psiche e nell'anima femminili intrapreso dalla Lessing sulla pagina scritta prima e dalla regista e attrice francese Anne Fontaine (Coco avant Chanel, 2009) sul grande schermo dopo. Qualunque cosa si siano dette Lessing e Fontaine in quel di Londra al riguardo, deve aver maturato un'intesa profonda sul da farsi, ed è per me stata una folgorante scoperta il tocco di stile che ne è derivato sulla celluloide: il tocco di chi è perfettamente in grado di far nascere l'incanto nello sguardo dello spettatore, entro il quale l'artista Fontaine scrive una sceneggiatura parallela tutta mentale, fatta di primissimi piani incrociati, di quelli che talora attraversano epoche diverse sul giro di danza di un solo fotogramma, eppure senza perdersi per strada niente di quel percorso narrativo altro, sotteso eppure chiaro e limpido come acqua di sorgente. Una
sceneggiatura fatta altresì dei campi lunghi distesi su un paesaggio paradisiaco, testimone oculare e complice di quei persistenti, intensi, appassionati, seppur temporanei, voli 'trasversali' intrapresi fuori rotta nella traversata della vita. Quella vita che i ranghi della norma e della morale ricondurranno, non prima di qualche inevitabile mareggiata sull'onda amara della sofferenza, sulla sponda del senso della perdita così come del senso di colpa, verso le tappe previste da un più ortodosso programma esistenziale.
E tutto appare così illogico ed immorale, quanto comprensibile, plausibile, possibile, alla luce delle moltissime cose che queste due donne, hanno condiviso fin da bambine e che continuano a condividere da adulte, compresa l'età che avanza, per quanto in un modo ben più clemente che nella realtà per la maggior parte del più comune gentil sesso. Qui si tratta di due donne bellissime che tengono testa in modo straordinario all'inesorabile passare degli anni, e questo
malgrado l'implacabile m. d. p. di Fontaine - quanto si sente la profondità di uno sguardo tutto femminile su questo! - che non manca di raccogliere, nei tratti più intimi e crudeli, quella naturale 'decadenza' che inizia inevitabilmente a segnare, sulla pelle, ma soprattutto dentro. L'età che può intristire ma che rivendica nella consapevolezza e nel senno, sopito ma mai smarrito del tutto, ruoli altri, con i suoi nuovi valori acquisiti, a dispetto di una punta di rimpianto che sa bene di dover gettare l'ascia. Ruoli che giustificano e danno spessore al titolo originale, The Grandmothers (Le nonne) del romanzo della Lessing, ben più potente e provocatorio di quello adottato per il film, Two Mothers (due madri). Due titoli d'altra parte ugualmente autentici e sottilmente aderenti a scelte difficili, sull'onda di quei contrasti interiori, di quei desideri proibiti che normalmente, qualora risvegliati, si tengono sepolti sotto le ceneri del pudore.