BLACK OR WHITE: IL CINEASTA MIKE BINDER TORNA A COLLABORARE ASSIEME AL PROTAGONISTA DI 'LITIGI D’AMORE', KEVIN COSTNER, QUI NONNO ALLA PRESE CON UNA DIATRIBA LEGAL-FAMILIARE DESTINATA A SFOCIARE IN UNA QUESTIONE RAZZIALE. UNO SGUARDO SU DUE MONDI MOLTO DIVERSI IN CUI NULLA E' SEMPLICEMENTE BIANCO O NERO
Dal IX. Festival Internazionale del Film di Roma - Toronto Film Festival 2014 - RECENSIONE - Dal 5 MARZO
Rimasto vedovo dopo l’improvvisa morte della moglie, l’avvocato Elliott Anderson (Kevin Costner) affoga il suo dolore nell’alcol e si scontra con le difficoltà che derivano dal crescere la nipotina birazziale, Eloise (l’esordiente Jillian Estell).
Black or White è un film che poggia su un delicato equilibrio tra tragedia e commedia, nel raccontare la storia di un uomo disperato che deve trovare una strada, per sfuggire alla tristezza e alla disperazione, verso la comprensione e il perdono, il tutto in nome dell’amore per la sua nipotina.
SYNOPSIS:
A grieving widower is drawn into a custody battle over his granddaughter, whom he helped raise her entire life.
Black or White is the story of a grandfather (Kevin Costner) who is suddenly left to care for his beloved granddaughter. When her paternal grandmother (Octavia Spencer) seeks custody with the help of her brother (Anthony Mackie), the little girl is torn between two families who love her deeply. With the best intentions at heart, both families fight for what they feel is right and are soon forced to confront their true feelings about race, forgiveness, and understanding. Anchored by an all-star cast and based on real events, the movie is a look at two seemingly different worlds, in which nothing is as simple as black or white.
Se c'è un caso dove per far funzionare le cose ci vuole carattere è questo. E dire che qualcuno di carattere in Black or White ce ne mette: il primo della lista è Kevin Costner - che torna a collaborare con Mike Binder dopo Litigi d'amore -
con il suo centralissimo personaggio del nonno materno, della bimba che già vive con lui da tempo, l'avvocato Elliot Anderson, che alla luce della sua professione si direbbe favorito nella diatriba legale per l'affido che lo vedrà coinvolto di lì a poco. L'unico sul campo, a saper gestire il delicato equilibrio tra tragedia e commedia nel film, dall'alto del suo strascicato look e del suo appannamento mentale a causa dell'alcol, laconico com'è nelle sue nobili corde quando non infuriato, con il suo fare impacciato che spruzza inadeguatezza da tutti i pori, soprattutto con la bambina, che accudisce con un certo imbarazzo e un affetto rattenuto e raggrinzito tra le pieghe di un dolore che genera visioni a cielo aperto, soprattutto di notte. Una inadeguatezza (vedi quando pettina i capelli alla bambina prima di accompagnarla a scuola) che per certi versi ricorda vagamente quella di Dustin Hoffman con il figlio dopo
l'abbandono della madre (Meryl Streep) in Kramer contro Kramer. Tutt'altra storia in cui d'altra parte l'inadeguatezza era la vera prima donna per la maggior parte del tempo. Kevin è Kevin si sa, e sa bene per conto proprio come, quanto e quando tirare l'elastico. Ma il problema è che in Black or White è davvero l'unico a condurre la partita con una certa coerenza. Come contraltare forte troviamo Octavia Spencer nelle vesti della nonna paterna Rowena Jeffers che, d'altra parte, fatta eccezione per la sequenza in cui affronta il figlio Jeremiah - il padre della bambina in questione, personaggio appena sbozzato sulla carta e scialbato dallo stesso interprete Anthony Mackie - si lascia dominare nell'interpretazione da uno humour macchiettistico che trascina il film sulle sponde di sopravvivenza tipiche del piccolo schermo: leziosa con la bambina e alquanto caricaturale altrove. Prendiamo ad esempio una delle tante sessioni in tribunale: comica ma
poco opportuna nel contesto, la sequenza giocata sull'incrocio di sguardi insistito tra lei, intervenuta al posto dell'avvocato preposto, e il Giudice donna pure di colore (per inciso altro personaggio ben assestato sulle onde televisive del genere sitcom).
Così capita che dal melodramma iniziale con Kevin Costner nel corridoio di un ospedale, si proceda con insistite e pedanti litanìe di una quotidianità spenta, inframezzata dai fantasmi interiori di nonno Costner, fino agli alterchi tra il serio e il faceto tra lui e la nonna paterna. Lo scontro serio, tra un'aula di tribunale e l'altra, arriverà più tardi, soprattutto tra nonno Costner e il padre della bambina - che negli anni precedenti aveva evidentemente di meglio da fare! - e solo dopo la rocambolesca ed improbabile sequenza della piscina, quasi 'ai confini della realtà , e un disegno fatto con matita e cuore dalla bambina, gli adulti getteranno l'ascia di guerra e capiranno
quel che doveva esser fatto da tempo. La serenità e la pace, l'intreccio tra quel bianco e quel nero che sembravano incompatibili, nel caso a qualcuno non fosse ancora chiaro come andranno le cose da lì in poi, corrono sui titoli di coda, in un'alternanza di scorci di quotidianità che davvero sgombrano il campo da ogni dubbio eventuale.
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Good Films e Laura Poleggi (QuattroZeroQuattro)