Stasera, 28 Giugno, in TV, su IRIS, Canale 22, ore 21.10 - RECENSIONE - Dalla 14. Festa del Cinema di Roma - Edward Norton si fa in tre, regista, sceneggiatore ed attore, per un classico noir americano - Dal 7 Novembre
"Lui (il suo personaggio e protagonista Lionel Essrog) è inserito in un contesto di tardi anni 90 ma ha questo sapore, questo comportamento da piedipiatti anni 50, che lo mette dentro una bolla anacronistica. Ho sostenuto quest'idea con Jonathan, che il film è molto fedele, e non penso di aver voluto fare qualcosa che potesse essere interpretato come ironico".
Il regista e attore Edward Norton
(Motherless Brooklyn; USA 2018; Noir; 144'; Produz.: Class 5 Films/MWM (MadisonWellsMedia); Distribuz.: Warner Bros. Pictures Italia)
Titolo in italiano: Motherless Brooklyn - I segreti di una città
Titolo in lingua originale:
Motherless Brooklyn
Anno di produzione:
2018
Anno di uscita:
2019
Regia: Edward Norton
Sceneggiatura:
Edward Norton
Soggetto: Basato sull'omonimo romanzo (1a edizione 1999) di Jonathan Lethem.
Preliminaria - Il libro
Il quinto romanzo dell'autore è uscito in Italia nella traduzione di Laura Grimaldi prima col titolo Testadipazzo (Tropea), in seguito ripubblicato come Brooklyn senza madre da Net. Vincitore del premio Gold Dagger 2000.
Il narratore e protagonista, Lionel Essrog, soffre della sindrome di Tourette, e viene preso frequentemente da veri e propri spasmi verbali (come Don't know from Zendo, Ken-like Zung Fu, Feng Shui master, Fungo bastard, Zen masturbation, Eat me!) difficili da rendere in italiano. Nel romanzo il contesto è veramente tutto, come recita l'incipit: Lethem torna a casa, alla natia Brooklyn, e ne racconta la trasformazione da zona sfigata (italoamericana, ma anche ispanica e nera) a quartierino trendy...
Teren Carter (Giovane) Luis Castro de Leon (Giovane)
Musica: Daniel Pemberton
Costumi: Amy Roth
Scenografia: Beth Mickle
Fotografia: Dick Pope
Montaggio: Joe Klotz
Effetti Speciali: Jimmy Hays
Makeup: Louise McCarthy (direttrice); Jill Mckay
Casting: Avy Kaufman
Scheda film aggiornata al:
29 Giugno 2024
Sinossi:
In breve:
A New York nel 1954, Lionel Essrog (Edward Norton), un solitario detective privato afflitto dalla sindrome di Tourette, cerca di risolvere l'omicidio del suo mentore e unico amico. Armato di pochi indizi e di una mentalità ossessiva, Lionel lentamente svela dei segreti custoditi gelosamente. La pista lo condurrà nei club di jazz di Harlem, nei bassifondi di Brooklyn e contro i teppisti e potenti mediatori di Gotham per onorare il suo amico e salvare una donna in pericolo.
Synopsis:
Set against the backdrop of 1950s New York, Motherless Brooklyn follows Lionel Essrog, a lonely private detective afflicted with Tourette's Syndrome, as he ventures to solve the murder of his mentor and only friend, Frank Minna.
Set against the backdrop of 1950s New York, "Motherless Brooklyn" follows Lionel Essrog (Norton), a lonely private detective afflicted with Tourette's Syndrome, as he ventures to solve his friend's murder. Armed only with a few clues and the powerful engine of his obsessive mind, Lionel unravels closely-guarded secrets that hold the fate of the whole city in the balance
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Io ho qualcosa che non va in testa, parole, rumori, devo smontare le cose, e ho molti spasmi, se cerco di trattenerli è peggio”.
Protagonista e narratore coincidono in Motherless Brooklyn, un titolo che riferiresti alla sola città e mai allo stesso protagonista. Non diresti mai che qualcuno potrebbe chiamare una persona - guarda caso cresciuta in un orfanotrofio cattolico, guidato da suore incredibilmente manesche - con il nome di una città avvinghiata ad un groviglio di segreti (cui ammicca il titolo italiano) e di casini di stampo criminale a vario titolo: Brooklyn, appunto. La città in cui l’investigatore Frank Minna (il cameo allargato di Bruce Willis occhieggia in un’intermittenza di schegge di memoria dello stesso protagonista) ha assemblato una squadra, assumendosene tutti i rischi, per lo più calcolati. Salvo imprevisti. Ed è proprio sull’onda di questi imprevisti che la storia di Lionel Essrog prende corpo. Il romanzo omonimo di
Jonathan Lethem cui si ispira il film, è uscito in Italia prima col titolo Testadipazzo (Tropea), e solo in seguito è stato ripubblicato come Brooklyn senza madre da Net (vincendo peraltro il premio Gold Dagger nel 2000). Beh! Si direbbe che il primo titolo andasse direttamente al nocciolo della questione. Rendeva l’idea, anche se per la verità non si tratta di pazzia vera e propria, ma di una particolare sindrome, chiamata di Tourette, di cui dà conto lo stesso protagonista narratore all’inizio della storia: basta guardarlo e sentirlo per qualche momento per comprendere esattamente la natura dei suoi spasmi, verbali più che fisici. E la cosa, considerate rime, assonanze e scurrilità, potrebbe risultare anche divertente, se non fosse tanto costante quanto, com’è ovvio, imbarazzante. Il lato positivo è che, come nei casi di autismo, la mente del protagonista ha al contempo il valore aggiunto di una memoria sopra le righe:
ricordate il Dustin Hoffman di Rain Man? Ecco, una cosa molto simile. Chi poteva assegnarsi un ruolo di questo tipo? Se pensate per un momento all’ormai lontano Schegge di paura, in cui l’allora giovanissimo Edward Norton esibiva uno splendido sdoppiamento di personalità - dal balbuziente e docile agnellino a feroce aggressivo - in quello che si capirà in seguito, a danno del povero avvocato Richard Gere, essere un gioco criminale autodiretto e ottimamente orchestrato ad hoc, vi risulterà logica la scelta odierna. La scelta dello stesso Edward Norton di calarsi nei panni di un personaggio complesso, per certi versi ‘fuori’, come Lionel, non certo facile da gestire, evitando il fastidioso e reiterato macchiettismo.
Ormai maturo e legittimamente ambizioso, oggi Edward Norton si fa disinvoltamente carico di regia, sceneggiatura ed interpretazione, non nascondendo una pronunciata infatuazione per il progetto: al punto da lasciarsi andare sulla scia del classicismo di genere, calcando
le orme del patinato noir americano ambientato negli anni Cinquanta, dalla fotografia crepuscolare e polverosa, indorata da luci fioche, in interni come in esterni. Norton non sente qui la necessità di apportare alcunché di innovativo preferendo accordare attenzione alla struttura narrativa, che mantiene solida e in odore di una suspense rappresa e prolungata, forse un po’ fuori tempo (ad esempio quando ritiene di offrire allo spettatore la versione integrale di pezzi cantati e suonati in un certo locale). Non ha fretta, l’Edward Norton regista, nell’impastare gli ingredienti che spuntano qua e là dal corposo amalgama, lasciandolo lievitare a dovere prima che si possano scorgere le sembianze del prodotto finito. Nel frattempo, l’intreccio si intreccia, ingannando lo spettatore come in una caccia a gatto e topo, lasciando intravedere piste che si riveleranno false o non propriamente rispondenti al vero. Una matassa narrativa fatta di ambizioni politiche e sete di potere sfrenate,
da soprassedere anche ai vincoli di sangue: tra abusi edilizi, campagne elettorali, problemi raziali e dinamiche urbanistiche, paternità occultate con cura, ma non abbastanza da far saltare tutti i segreti a grappolo che si annidano nel gorgogliante vaso di pandora. Vaso di cui il nostro Lionel/Norton, tuffandosi a capofitto in un labirintico cruciverba investigativo, vuole assolutamente acquisire il contenuto, in ogni sua molecola. Soprattutto dopo il grave incidente di percorso su cui il protagonista, implacabile detective sui generis, non può certo soprassedere.
Inutile rivelare, quando il servizio migliore, soprattutto in caso di noir, è instillare la curiosità per andare a scoprire. E per scoprire i segreti annidati in questo conglomerato di quartieri cittadini in Brooklyn, vi basterà tallonare a distanza le orme di Lionel, seguendo i suoi tempi dilatati e le sue digressioni mentali applicate su questo rompicapo: perla cinematografica questa, della regia di Edward Norton, per il modo in
cui lavora nella resa fotografica e di montaggio, sulla frammentazione dei rigurgiti di memoria del protagonista. Nel cuore del percorso, Lionel/Norton inciampa in una folla di coprotagonisti in cui spiccano per mordente interpretativo: il Paul e Moses Randolph, rispettivamente di Willem Dafoe ed Alec Baldwin; il Frank Minna dell’intermittente Bruce Willis, appunto; l’ambiguo Tony Vermonte di Bobby Cannavale e la Laura Rose di Gugu Mbatha-Raw. Una squadra niente male, alla resa dei conti, per un affresco nostalgico di un classico noir in cui occorre saper attendere quanto basta, tra una colluttazione e l’altra, fughe e rincorse, tra incroci di sguardi biechi, tra tentativi multipli di corruzione ed insabbiamenti di verità scomode, prima di scoprire quel che c’è da scoprire. Vale a dire la verità: sempre e comunque qualcosa di molto umano.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)