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    L'INTERVISTA

    LA CHIAVE DI SARA - INTERVISTA all'attrice KRISTIN SCOTT THOMAS

    19/12/2011 - LA CHIAVE DI SARA di GILLES PAQUET‐BRENNER
    (dal 13 GENNAIO 2012 al cinema) - INTERVISTA all'attrice KRISTIN SCOTT THOMAS

    Conosceva già il libro di Tatiana de Rosnay prima che Gilles Paquet-Brenner le proponesse di recitare nel suo adattamento?

    KRISTIN SCOTT THOMAS: "Assolutamente no! Ma l'aveva letto mia figlia, che ne era entusiasta".

    Cosa l'ha spinta allora ad unirsi a questa avventura?

    K. SCOTT THOMAS: "Ho incontrato Gilles a New York, dove recitavo in teatro, la sera della vittoria di Obama! Avevo già letto la sceneggiatura che mi aveva affascinato per l'argomento trattato, estremamente interessante. In effetti affronta in modo diretto la questione di come convivere con il passato, continuando ad andare avanti, quando si è esseri umani coscienti e responsabili messi di fronte a storie che sconvolgono, fanno vergognare o fanno sentire colpevoli. Questi interrogativi accomunano molte persone che si portano dentro tutto per anni. Mi piaceva anche il fatto che 'La chiave di Sara' trattasse del rastrellamento del Velodromo d'Inverno, argomento tabu, da un punto di vista diverso: parlando della consapevolezza che abbiamo oggi di questa tragedia, sulla quale si ha la tendenza a stendere un velo. Perchè la Francia dell'epoca era divisa tra gli eroi, i collaboratori¡­ e l'immensa maggioranza di coloro che cercavano innanzi tutto di salvarsi la pelle. Trovo che sia positivo poterne parlare, anche perchè in un certo senso è liberatorio".

    Come è andata la collaborazione con Gilles Paquet-Brenner prima delle riprese?

    K. SCOTT THOMAS: "Non ci siamo visti molto perchè ero molto impegnata su diversi set. Per cui non mi era facile incontralo. Tuttavia, prima di iniziare a girare, Gilles mi ha fatto vedere le immagini riferite al '42 che aveva appena ultimato, cosa che mi è stata enormemente utile. In seguito, sul set, ho apprezzato particolarmente la sua tenacia nell'affrontare le difficoltà. Più le cose si facevano complicate, più Gilles diventava preciso e fermo nelle sue scelte. E' straordinario e coinvolgente vederlo al lavoro".

    E' stato difficile lavorare al suo personaggio?

    K. SCOTT THOMAS: "Non molto, perchè questo personaggio è abbastanza simile a me sul piano sociale. Vivo in un ambiente in cui molti dei miei amici sono giornalisti come lei. Potrei benissimo essere lei, per cui è stato facile mettermi nei suoi panni. Per aiutarmi ho anche letto il libro di Tatiana de Rosnay prima di iniziare a girare e vi ho trovato delle indicazioni per la mia interpretazione. Ma non bisogna mai dimenticare che l'approccio di una scrittrice è decisamente diverso da quello di un'attrice".

    Si è documentata in anticipo su questo complesso periodo della storia francese?

    K. SCOTT THOMAS: "No, perchè ho scelto di fare lo stesso percorso del mio personaggio in relazione a quegli avvenimenti. Ovviamente conoscevo alcuni aspetti della storia di quel periodo, perchè mi sento emotivamente coinvolta dalla sorte degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Ma non ero mai stata al Memoriale della Shoah, per esempio, e non ho voluto andarci prima delle riprese per poter vivere la situazione esattamente come l'avrebbe vissuta Julia. Non volevo avere preconcetti che avrebbero potuto condizionare la mia interpretazione, volevo piuttosto partire da zero, in un certo senso. E vivere il percorso di questa donna che si lascia trasportare dall'affettività quando si rende conto che i fatti del passato hanno un riflesso sulla sua vita personale e sulle decisioni che è chiamata a prendere. Ovviamente anche la voglia di sperimentare tutto questo durante le riprese mi ha spinta ad accettare di entrare a far parte del progetto".

    Che ricordo le resta delle riprese al Memoriale della Shoah che ha appena menzionato?

    K. SCOTT THOMAS: "In realtà non è stata una cosa nuova per me, perchè mia suocera è stata molto attiva e ha lavorato molto sul tema della memoria e sulla tragedia di quegli anni: ha anche fatto parte del comitato che ha fatto mettere delle targhe sui muri delle scuole con i nomi dei bambini deportati. Quando si leggono quelle targhe, proprio come quando si entra nel Memoriale della Shoah, e ci si trova davanti ai volti di quelle persone, le cose si sentono per forza in modo diverso. Proprio come dice il mio personaggio nel film, quando si trova immerso in quella situazione: si può davvero provare cosa significhi avere un figlio deportato e sentire tutta l'impotenza e la frustrazione che derivano dal non poter far nulla per proteggerlo. Da madre è proprio ciò che ho provato all'interno del Memoriale. Con grande intensità".

    Eppure questa scena, proprio come la sua interpretazione in tutto il film, è caratterizzata dalla sobrietà. La sfida che si era posta per questo film era quella di evitare di cadere nel lacrimevole?

    K. SCOTT THOMAS: "Era una trappola da evitare: non bisognava cedere alla compassione. Questo film in fondo dimostra che la vita continua, che come esseri umani abbiamo delle risorse psicologiche che ci consentono di andare avanti e che fanno sì che, anche di fronte alle peggiori tragedie, riusciamo a ricominciare. Così Sara, dopo tutto quello che ha vissuto, si è lasciata i bambini alle spalle. Bisognava evitare di chiudersi in un sentimento sterile, anche se, ovviamente, al momento mi sono commossa per molte cose. Ma il mio personaggio deve superare quel tipo di emozioni. Non bisogna dimenticare che all'inizio Julia è una giornalista che conduce un'inchiesta e si accosta quindi ai fatti da un punto di vista professionale. E' solo quando inizia la sua ricerca per ritrovare Sara che, un pò alla volta, si ritrova piena di dolore e di frustrazione. E questo ancora di più quando scopre di essere incinta proprio nel momento in cui pensava di non poter più avere figli, e con un marito che vuole che abortisca. Tutti questi elementi la rendono fragile e vulnerabile alle emozioni. D¡¯altra parte il confronto tra le due epoche mostra anche che, se durante la Seconda Guerra mondiale l'essere umano è riuscito a resistere di fronte a tante cose orribili, Julia ha lei stessa l'impressione di dover affrontare la fine del mondo, pur trovandosi di fronte a situazioni decisamente più semplici da gestire".

    Prima di girare, ci sono state scene che la angosciavano più di altre?

    K. SCOTT THOMAS: "Per questo film penso di aver scoperto le difficoltà un pò alla volta, e di non averle mai veramente previste. Ma abbiamo avuto la grande fortuna di girare in senso cronologico e di finire così con la scena che chiude il film, cosa che ovviamente ha aiutato nella costruzione del personaggio".

    Nel film lei ha un confronto piuttosto duro con Aidan Quinn. Cosa le piace di questo attore?

    K. SCOTT THOMAS: "La sua semplicità. Lo apprezzo come attore da molto tempo, da spettatrice. Perciò non sono rimasta sorpresa nel vedere fino a che punto Aidan è un vero professionista che non gioca a fare la star. Lavorare con lui è un piacere inaudito".

    E quanto le ha fatto piacere ritrovarsi con Frédéric Pierrot, il suo collega in 'Ti amerò sempre', che qui interpreta suo marito?

    K. SCOTT THOMAS: "Ovviamente anche in questo caso è stato un piacere enorme. Sono stata io a suggerire il suo nome per quel ruolo. Frédéric ha talmente tanto talento che è affascinante vedere la facilità con la quale ha interpretato questo personaggio dai molteplici aspetti: è allo stesso tempo padre di famiglia, figlio invischiato in storie riemerse dal passato, marito e uomo d'affari".

    Cosa ha provato quando ha visto per la prima volta il film finito?

    K. SCOTT THOMAS: "Ne sono rimasta scombussolata! Non credo di aver considerato a pieno la potenza reale di questo film mentre lo giravamo. Quello che era davvero inimmaginabile durante la lettura - e che Gilles è riuscito a rendere in modo straordinario - è il montaggio, gli avanti e indietro tra la parte del 1942 e la parte attuale della storia. Gilles ha saputo creare un legame molto forte tra le due epoche. Gli spettatori si sentono coinvolti sia dalle ricerche di Julia che dalla lotta per la sopravvivenza di Sara allo stesso modo. Una vera sfida riuscita".

    LA REDAZIONE


     
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