GAMBIT: NEL REMAKE DELL'OMONIMO FILM DEL 1966 COLIN FIRTH E CAMERON DIAZ, CON ALAN RICKMAN E STANLEY TUCCI. AL TIMONE DELLA SCENEGGIATURA NIENTEMENO CHE I FRATELLI COEN!
RECENSIONE - Dal 21 FEBBRAIO
"GAMBIT: sorprendente e spiazzante mossa iniziale con la quale il giocatore sacrifica un punto a favore dell'avversario per assicurarsi un vantaggio strategico in una fase più avanzata del gioco. GAMBIT, scritto dai fratelli Coen è un'arguta commedia sullo scontro tra culture nella quale la rigidità di Harry Dean - risultato dell'educazione ricevuta in una severa scuola pubblica – viene messa a contrasto con la totale incoscienza e spontaneità di P.J. E' come se avessero messo insieme Cary Grant e Carole Lombard... Non conosco bene il film originale e a mio avviso l'unica cosa che i due film hanno in comune è la presenza di un uomo che ha un piano ben preciso in mente".
Il regista Michael Hoffman
Soggetto: Remake dall'omonimo film Gambit (in Italia Gambit - Grande furto al Semiramis), diretto nel 1966 da Ronald Neame con Herbert Lom, John Abbott, Michael Caine, Roger C. Carmel e Shirley MacLaine.
PRELIMINARIA - SIGNIFICATO DEL TERMINE 'GAMBIT':
GAMBIT: sorprendente e spiazzante mossa iniziale con la quale il giocatore sacrifica un punto a favore dell'avversario per assicurarsi un vantaggio strategico in una fase più avanzata del gioco.
Harry Deane (Firth), curatore di mostre londinese, organizza un'astuta macchinazione per raggirare l'uomo più ricco d'Inghilterra, l'avido collezionista Lionel Shabandar, (Rickman) convincendolo ad acquistare un falso dipinto di Monet. Come esca, recluta una regina del rodeo texana, (Diaz) che si farà passare per donna il cui nonno mise le mani sul dipinto alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
IN DETTAGLIO:
Harry Deane, interpretato (Colin Firth), è un curatore di mostre e lavora per il magnate dei media Lionel Shabandar (Rickman), avido collezionista di opere d'arte. Shabandar è egocentrico, brusco, vanaglorioso e molto avido e quindi - o almeno è questa l'opinione di Harry – è maturo per abboccare all'amo e cadere in un tranello che lo porterà ad acquistare un agognatissimo Monet che completerebbe la sua già inestimabile collezione privata.
L'ingegnoso complotto ideato da Harry coinvolge anche il suo amico The Major (Courtenay) artista di talento che sarà incaricato di realizzare il falso Monet – del quale Harry certificherà l'autenticità – e di inventare una storia credibile per spiegare come il quadro sia giunto a lui: il dipinto sarebbe scomparso durante la Seconda Guerra Mondiale ricomparendo all'improvviso in una specie di campeggio in Texas dove PJ lo avrebbe ereditato dal nonno, un soldato che ha combattuto in Europa. O almeno questa è la storia che racconteranno a Shabandar.
Quando Shabandar verrà a conoscenza delle rocambolesche vicende del quadro – grazie ad alcuni indizi piazzati ad arte da Harry – convocherà immediatamente PJ a Londra per intavolare una trattativa per l'acquisto del quadro. E' a questo punto che i piani di Harry cominceranno ad andare comicamente a rotoli...
SHORT SYNOPSIS:
An art curator enlists the services of a Texas steer roper to con a wealthy collector into buying a phony Monet painting.
Harry Dean's plan to steal a painting from one of the world's richest men is missing one final component - the participation of a beautiful woman to act as his gambit. In Nicole, he meets someone who appears to be the perfect candidate, but Harry himself becomes enraptured with her, causing his plan to take a series of wrong turns.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
REGIA TIEPIDA, SCENEGGIATURA VIRTUOSA TRA IL SINUOSO, LO 'SCOLLACCIATO' E IL KITSCH, CAST DI TUTTO RISPETTO CON UN COLIN FIRTH DISINVOLTO NEL DRAMMA QUANTO NELLA COMMEDIA
Quando da qualche parte in seno al 'making of' di un film si individua il nome dei fratelli Coen (El Grinta, Non è un paese per vecchi), sia pure non necessariamente coinvolti a 360° come in questo caso, in cui per l'appunto si limitano alla sceneggiatura, lasciando onori e oneri di regia al Michael Hoffman di The Last Station, i pruriti sulle aspettative montano come le allergie in primavera. La fiducia da parte del cinefilo, così come dello spettatore non propriamente sprovveduto, si accorda sulla parola, così come i prodotti alimentari il cui marchio è sinonimo di garanzia. E i pruriti crescono in maniera esponenziale se a questo si aggiunge un cast a dir poco interessante come il quartetto qui chiamato alla ribalta: con Colin
del suo riscatto 'ad personam', cavalcando al contempo le note farsesche ed irridenti nei rispetti di sedicenti critici ed esperti d'arte (quanto già tratteggiato in maniera più seria da Giuseppe Tornatore ne La migliore offerta) in odore dell'ennesimo 'fuoco di paglia'. E la truffa-riscatto risponde bene al nocciolo della questione espresso concisamente in una sola parola dal titolo originale: non a caso Gambit si riferisce alla sorprendente e spiazzante mossa con cui all'inizio il giocatore sacrifica un punto a favore dell'avversario prima di accaparrarsi il vantaggio strategico in una fase più avanzata del gioco.
Ad incorniciare lo 'scollacciato' affresco in groppa alla grezza, se non proprio grottesca, natura di PJ - dominante la scorza di un fisico palestrato da urlo della Diaz - cadenzata dalla sua personale cornucopia di irriverenti proverbi, sono delegati il delizioso siparietto in punta di sketch d'animazione, in apertura sui titoli di testa - quasi parente dell'introduzione