LA MIA CLASSE: NEL FILM DI 'VERA FINZIONE' DI DANIELE GAGLIANONE IL MAESTRO VALERIO MASTANDREA E UNA CLASSE INTERAMENTE COMPOSTA DA EXTRACOMUNITARI QUI NEL RUOLO DI SE STESSI A LEZIONE DI ITALIANO E DI VITA MIRATA ALL'INTEGRAZIONE IN UN PAESE STRANIERO
Dalla 70. Mostra del Cinema di Venezia - Giornate degli Autori - RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 16 GENNAIO
Soggetto: Daniele Gaglianone e Gino Clemente da un'idea di Claudia Russo e Gino Clemente.
Cast: Valerio Mastandrea (Il Maestro) Bassirou Ballde (Alunno) Mamon Bhuiyan (Alunno) Gregorio Cabral (Alunno) Jessica Canahuire Laura (Alunna) Metin Celik (Alunno) Pedro Savio De Andrade (Alunno) Ahmet Gohtas (Alunno) Benabdallha Oufa (Alunno) Shadi Ramadan (Alunno) Easther Sam Shujan Shahjalal (Alunna) Lyudmyla Temchenk (Alunna) Moussa Toure (Alunno) Issa Tunkara (Alunno) Nazim Uddin (Alunno) Cast completo
Mahbobeh Vatankhah (Alunno) Remzi Yucel (Alunno)
Musica: Stefano Campus (suono in presa diretta)
Costumi: Irene Amantini
Scenografia: Laura Boni
Fotografia: Gherardo Gossi
Montaggio: Enrico Giovannone
Casting: Davide Zurolo
Scheda film aggiornata al:
29 Gennaio 2014
Sinossi:
IN BREVE:
La mia classe è interpretato da extracomunitari nel ruolo di se stessi mentre imparano l’italiano dall’insegnante Valerio Mastandrea; a un certo punto però la realtà prende il sopravvento sulla finzione e la storia non può più proseguire secondo copione, ma prende una strada imprevista.
IN ALTRE PAROLE:
Un attore impersona un maestro che dà lezioni di italiano ad una classe di stranieri che mettono in scena se stessi. Sono extracomunitari che vogliono imparare l’italiano, per avere il permesso di soggiorno, per integrarsi, per vivere in Italia. Arrivano da diversi luoghi del mondo e ciascuno porta in classe il proprio mondo. Ma durante le riprese accade un fatto per cui la realtà prende il sopravvento. Il regista dà lo ‘stop’, ma l’intera troupe entra in campo: ora tutti diventano attori di un’unica vera storia, in un unico flm di ‘vera finzione’: La mia classe.
IN DETTAGLIO:
Ambientata nel quartiere multietnico del Pigneto a Roma, è la storia collettiva di una classe di emigranti e stranieri che imparano l’italiano. È una storia che si compone delle vicende individuali degli studenti e dell’insegnante: un racconto vero che nasce tra mura scolastiche non convenzionali. Un racconto vero? Certamente per le voci e i ricordi dei ragazzi che siedono sui banchi; diversamente vero per l’attore Mastandrea che si cala nel ruolo del loro insegnante; altrimenti vero per il regista e la troupe che entrano ed escono di scena in un incrocio di esperienze reali e di ricerca della verità nella finzione che si rivela essere l’autentico nucleo narrativo di questa storia. Più vera del vero.
Commento critico (a cura di SARA MESA)
La mia classe si apre con un ralenti sulla figura di Valerio Mastrandrea che passeggia pensieroso e triste per i corridoi della scuola in cui insegna e prosegue seguendo la figura in controluce di due carabinieri che si avvicinano ad un ragazzo sdraiato nell’angolo di una casa abbandonata. Questo è l’unico effetto cinematografico presente nel film, il quale si basa sull’utilizzo di inquadrature molto classiche – alternanza tra primo piano e campo medio e lungo – un montaggio essenziale e la messa a nudo della messa in scena. La macchina da presa diventa infatti un mero strumento al servizio della realtà , il cui unico scopo è quello di permettere ad un gruppo di immigrati che stanno cercando di imparare la lingua italiana, di raccontare la loro storia, che non è altro che la storia di quei migliaia di migranti che attraverso lunghe pene lasciano la loro casa e la loro
famiglia alla ricerca della salvezza o di un futuro migliore.
Valerio Mastrandrea è l’unico elemento di finzione del film, il resto del cast, se così si può chiamare, è composto da ragazzi che studiano veramente in quella scuola e che per loro stessa ammissione hanno imparato molto anche durante le riprese.
Ogni giorno l’insegnante si concentra su un argomento, attraverso il quale ottiene il doppio risultato di far esercitare gli alunni con la lingua e di far emergere la loro opinione in merito a fatti che li coinvolgono quotidianamente. Il più interessante è quello riguardante il lavoro, in cui gli studenti improvvisano delle chiamate a ipotetici datori di lavoro, i quali propongono loro delle forme di accordo al ribasso. Da qui si sviluppano una serie di considerazioni relative al lavoro in nero e sotto pagato e alle esperienze che in questo senso li hanno visti protagonisti.
Ogni passaggio, inclusi quelli più
commoventi, in cui i protagonisti si mettono a nudo davanti alla telecamera, obbliga lo spettatore a domandarsi quanto la sofferenza di queste persone incida sulla sua vita, quanto è disposto a cambiare in prima persona per fare in modo di migliorare le cose. In fondo è lui stesso a creare le condizioni per cui una serie di fattori negativi incidano sulla loro esistenza.
Questo ci dimostrano i membri della troupe del film quando di fronte ad uno dei protagonisti che perde il permesso di soggiorno non hanno altra scelta che eliminarlo dalle scene future. Ma è davvero cosi? Non si ha altra scelta? Se lo domanda spesso Valerio Mastrandrea, come attore e come insegnante, e la sofferenza che deriva da questo suo senso d’impotenza si trasforma in un male fisico che rimane sullo sfondo nei momenti in cui recita la sua parte.
Le scene più forti, come quella del suicidio di un
ragazzo egiziano o dell’arresto di un altro, vengono mitigate attraverso l’esposizione della messa in scena; d’improvviso viene squarciato il velo della finzione e si vedono i tecnici che sistemano i cavi elettrici sul pavimento, la segretaria d’edizione che guarda il monitor e il regista che spiega all’attore come deve arrotolare la cintura dei pantaloni in modo che ne esca un cappio convincente.
La sostanziale assenza di colonna sonora, presente attraverso una sola canzone che viene effettivamente ascoltata per intero dagli studenti durante un compito, la luce che segue il naturale corso del giorno e le riprese continuative, seppur montate, contribuiscono a rendere tutto più reale e vicino ad un’esperienza diretta dei fatti narrati.
E’ evidente che uscendo dalla proiezione di questo film non bisogna chiedersi se ci è piaciuto, ma se ci piace il modo in cui il nostro paese e noi stessi ci relazioniamo alle persone straniere e cosa siamo in
grado di fare per cambiare le cose, ammesso che ce ne sia la volontà .
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Pablo c/o Axelotil Film, Studio PUNTOeVIRGOLA e Inter Nos Web Communication.