DUE GIORNI, UNA NOTTE: MARION COTILLARD ALLE PRESE CON L'ARDITA MISSIONE DI SALVAGUARDARE IL PROPIO POSTO DI LAVORO PER I FRATELLI DARDENNE
Dal 67. Festival del Cinema di Cannes - RECENSIONE ITALIANA in ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by SCOTT FOUNDAS (www.variety.com) - Dal 13 NOVEMBRE a Roma e Milano - Dal 20 NOVEMBRE nelle altre cittĂ d'Italia
"(Nelle circostanze) ... della crisi economica e sociale in cui versa attualmente l'Europa. Erano diversi anni che riflettevamo sull'idea di un film attorno a una persona che sta per essere licenziata con il consenso della maggior parte dei suoi colleghi di lavoro. E la storia di 'Due Giorni, una notte' è di fatto venuta alla luce quando abbiamo immaginato Sandra e Manu, una coppia unita nell'affrontare le avversità ".
Il co-regista Luc Dardenne
"Per noi la cosa piĂš importante era mostrare una persona che viene esclusa perchĂŠ è considerata debole, non in grado di fornire prestazioni sufficientemente elevate. Il film tesse lâelogio di una 'non performante' che ritrova forza e coraggio grazie alla battaglia che decide di condurre con suo marito".
Il co-regista Jean-Pierre Dardenne
(Deux jours, une nuit ; BELGIO/FRANCIA/ITALIA 2014; Drammatico; 95'; Produz.: A Diaphana (in France)/IFC Films (in U.S.)/Les Films du Fleuve e Archipel 35 presentation of a Les Films du Fleuve/Archipel 35/Bim Distribuzione/Eyeworks/France 2 Cinema/RTBF (Belgian Television)/Belgacom production ; Distribuz.: BIM Distribuzione)
Per due giorni e una notte, con l'aiuto del marito, la trentenne Sandra (Marion Cotillard) inizia a girare per la città con lo scopo di contattare i suoi colleghi. Il suo intento è di chiedere loro di sacrificare i loro bonus in modo che lei possa continuare a mantenere il suo posto di lavoro.
SHORT SYNOPSIS:
The film follows Sandra, a young woman assisted by her husband, who has only one weekend to convince her colleagues to give up their bonuses so that she can keep her job.
Commento critico (a cura di GABRIELE OTTAVIANI)
Il primo articolo della legge fondamentale del nostro Stato - quella che non può essere contravvenuta, nemmeno per una minuzia, da nessun altro provvedimento - la nostra costituzione, sancisce che lâItalia â ma in questo caso la nazione non è importante â è una repubblica fondata sul lavoro. PerchĂŠ il lavoro è alla base della societĂ , in cui tutti non possiamo fare a meno di vivere, pur essendo individui singoli, unici e irripetibili. Il lavoro comporta degli obblighi, delle responsabilitĂ , talvolta delle seccature, ma bisognerebbe mordersi la lingua sette volte sette prima di lagnarsene. Tra le tante cose, poi, è prima di ogni altra un diritto. Sacro. E, come ogni diritto, somiglia in modo impressionante allâamore delle mamme: quando nasce un figlio, il secondo non sottrae nulla al primo. Anzi. CosĂŹ i diritti: se li estendi nessuno ne ha di meno, e men che meno câè qualcuno che li ruba
a qualcun altro. Il lavoro è quellâattivitĂ , qualunque essa sia, purchĂŠ lecita e adeguatamente retribuita, poichĂŠ altrimenti nella migliore delle ipotesi è hobby o volontariato, nella peggiore e piĂš frequente sfruttamento, e allora Abramo Lincoln è morto invano, che, se portata avanti con coscienza da ognuno, fa sĂŹ che ognuno renda concretamente il mondo migliore. Fare bene il proprio lavoro, a poterlo fare, è un atto politico, nel senso piĂš alto e nobile del termine, come mettere sul balcone una pianta, che pulisce lâaria per tutti: il lavoro è ciò per cui senti di avere il tuo posto nel mondo, ciò che ti permette di sperare che i tuoi sogni, anche semplici - una pizza fuori ogni tanto, una macchina un poâ meno vecchia (a tre porte, non sia mai, che se ne ha cinque costa di piĂš, anche se poi ogni volta per salire dietro devi fare le acrobazie),
sapere di non correre il rischio che stacchino la luce per una bolletta non pagata o poter sempre mandare a scuola i tuoi figli con vestiti della loro taglia -, siano un poâ piĂš resistenti della casetta di paglia del primo dei tre porcellini. Il lavoro è quella cosa che se la perdi ti si sfarina la terra sotto i piedi.
Sandra ha un marito e due figli. Ă stata malata. Depressione. Ora è guarita. Ă pronta per tornare al lavoro. Ma il principale e soprattutto il caporeparto, che definire infame è fargli un complimento, come a tutti quelli che sono, come si suol dire, piĂš realisti del re, hanno visto che lâazienda va bene anche con un dipendente di meno. Sedici, anzichĂŠ diciassette. E quindi câè una votazione. Se Sandra resta a casa, câè un bonus di mille euro per tutti. In questi termini è stata posta la questione.
Meglio, il ricatto. Non è una scelta libera: non è proprio una scelta, è evidente. Per caritĂ , il lavoratore che, in cambio di denaro, vota per sbattere in mezzo alla strada una collega, una madre di famiglia, fosse anche, e non è questo il caso, simpatica come una colica, dal punto di vista morale non è molto meglio del padrone. Anzi. Ma il lavoratore ha bisogno. Spesso deve fare anche altri lavori, in nero, e non per andare in crociera. Ma per restare a galla. Per quelle stesse necessitĂ meno che primarie, essenziali. Sembra Alice nel paese delle meraviglie, quando la protagonista incontra la Regina: bisogna correre forsennatamente per restare sempre nello stesso posto. Per non scivolare rovinosamente indietro come quando si perde lâequilibrio sul tapis roulant. E quindi il comportamento è comprensibile. Umano. Odioso, fa rabbia, ma umano. E non illecito. Tantâè che quando Sandra, nel corso di un
weekend, Due giorni, una notte, va porta a porta a cercare di convincere i colleghi, in vista della nuova votazione concessa per il lunedĂŹ mattina, mezzâora prima dellâinizio dellâorario di lavoro, a esprimersi in suo favore, non mette le mani addosso a quelli che le dicono no, cosa che, questa sĂŹ, oltre che comprensibile e umana sarebbe stata anche decisamente accettabile dal punto di vista morale, che Gandhi mi perdoni. Tuttâaltro. Dice grazie. Si scusa per il disturbo. Per lâimbarazzo che sente di creare. Per i malumori, i dispiaceri, la violenza, verbale e fisica, che involontariamente determina ma per la quale si sente in colpa. Si immedesima.
Il film dei Dardenne è una delle opere meno retoriche che ci sia, ma non può essere descritto senza usare un qualunque attributo che non suoni superlativo e retorico, però di certo meritato: è magnifico! Misurato, asciutto, potente, emozionante, scritto e diretto in
stato di grazia. Il cast funziona come un orologio. Lâimmondo Jean-Marc, il caporeparto, è Olivier Gourmet, tra i colleghi, tutti impersonati da interpreti validi, spiccano Christelle Cornil e Timur Magomedgadzhiev, il marito di Sandra, Manu, il compagno che chiunque vorrebbe accanto, perchĂŠ ti sostiene, ti abbraccia, ti asciuga le lacrime col canovaccio e spegne la radio se la canzone che va in onda è triste, è Fabrizio Rongione, ottimo: e poi câè Sandra. Umiliata, offesa, sul suo volto struccato e segnato si schiudono come ninfee lâorgoglio e la vergogna, la frustrazione e la rabbia, la speranza e la determinazione, la disperazione e la preghiera, mentre, coi capelli un poâ opachi e legati sulla nuca alla bellâe meglio, si sente ladra e mendicante, e non lo è, e va di casa in casa, accompagnata o sola, con la sua borsa piena di tutto, un giacchettino striminzito, una maglietta o una canotta,
un paio di jeans e due stivaletti che hanno visto giorni migliori: le dà vita Marion Cotillard. Che non è mai stata cosÏ bella. E, soprattutto, cosÏ brava.
Secondo commento critico (a cura di SCOTT FOUNDAS, www.variety.com)
THE DARDENNE BROTHERS TAKE ON A MOVIE STAR AND LOSE NONE OF THEIR BEAUTIFULLY OBSERVED VERISIMILITUDE IN ANOTHER POWERHOUSE SLICE OF WORKING-CLASS BELGIAN LIFE.
As much as she stood out from the crowd in her Oscar-winning turn as Edith Piaf, thatâs how much Marion Cotillard blends into the unfettered working-class environs of âTwo Days, One Night,â a typically superb social drama from directors Luc and Jean-Pierre Dardenne. Rich in the Dardennesâ favored themes of work, family and the value of money, and infused with the suspense of a ticking-clock thriller, âTwo Daysâ may be dismissed by some as more of the same from the Belgian siblings who rarely stray far from the industrial port town of Seraing. Yet within their circumscribed world, the Dardennes once again find a richness of human experience that dwarfs most movies made on an epic canvas. Cotillardâs presence will assure the widest exposure to date of
any Dardenne effort, particularly in the U.S., where IFC will distribute later this year.
Always masters of narrative economy, the Dardennes kick off âTwo Daysâ with a ringing phone that brings Cotillardâs Sandra the news that her job at a local solar-panel factory is due to be eliminated as part of a downsizing initiative. The decision was made by a vote of Sandraâs 16 co-workers, who were forced to choose between saving her job or their own âŹ1,000 annual bonuses. Only two voted in Sandraâs favor. Now her only recourse is to organize a second vote by secret ballot and hope for a different outcome. It is already Friday afternoon, and Sandra has until Monday morning to rally the seven additional votes she needs.
The Sandra we meet in these early scenes is a woman visibly on the edge. She, her kitchen-worker husband Manu (Fabrizio Rongione) and their two children have only
recently climbed their way out of public housing and off welfare, and the loss of Sandraâs job will surely set them back. Whatâs more, Sandra is at the end of her recovery from a bout of depression that has kept her away from work for an unspecified period of time â a fact used as ammunition by the factory foreman, Jean-Marc, who looms for most of âTwo Daysâ as Sandraâs unseen antagonist.
Norma Rae she isnât, just as the film is anything but a heavy-handed âissueâ movie, right up to a deftly orchestrated conclusion that manages to affirm the Dardennesâ fundamental belief in the goodness of people while suggesting that the struggle of the working class is never over. Indeed, Sandra doesnât want to start a workersâ revolt but rather to maintain the status quo, and as she journeys door-to-door to seek her colleaguesâ help, her argument is simple: âDonât pity
me. Just put yourself in my shoes.â
The responses run the gamut from the cruel to the compassionate, from those who wonât even give Sandra the time of day to those who beg her forgiveness and cry on her shoulder. At every step, the Dardennes, who patently refuse to pass moral judgments on their characters, evoke Jean Renoirâs famous maxim that âEveryone has his reasons.â One says he needs the bonus in order to pay for his daughterâs tuition; another that sheâd love to help but has recently left her husband and so money is tight; still another that sheâs building a new patio out back. And some say yes, of course, weâll vote for you.
Although Sandra isnât slowly being poisoned to death like the doomed protagonist of the noir classic âD.O.A.â or facing a looming gunfight in the center of town like the beleaguered sheriff of âHigh Noon,â the Dardennes
couch her struggle in the same desperate, high-stakes terms, and the closer Monday morning comes, the thicker the movieâs air grows with a queasy anxiety. As it was in the similarly nail-biting âThe Sonâ and âLâEnfant,â that mood is inexorably enhanced by the Dardennesâ favored shooting style of long handheld tracking shots in which the camera hovers relentlessly around the main character as though attached by a tether.
In most Dardenne films, those roles have been played by Bressonian nonprofessionals or local character actors (like the excellent Rongione, who made his debut in âRosettaâ and has since made four additional films for the brothers) whose unfamiliarity to the audience made them that much more credible as ordinary working stiffs. But Cotillard, who is only the second established star the Dardennes have cast (after Cecile De France in their previous âThe Kid with a Bikeâ), disappears so fully into Sandra that she
becomes inseparable from the rest of the company.
Outfitted in jeans and a series of brightly colored tank tops, her matted hair pulled back with a scrunchie, the actress is onscreen in every scene of âTwo Days,â and yet the role never feels remotely like a star turn as she hustles to and fro, pleading her case, her wide, expressive eyes registering every quicksilver flash of doubt, fear and self-loathing. Cotillard plays Sandra as a woman who has always struggled to feel that her life has value, and little by little over the course of the âTwo Days, One Night,â in the most remarkably subtle of ways, she shows her coming into a new sense of self.
Pic benefits greatly from the expert lensing of regular Dardenne d.p. Alain Marcoen, the crisp editing of Marie-Helene Dozo, and the lived-in production designs of Igor Gabriel. After experimenting with brief snatches of classical music
as underscore in both âLornaâs Silenceâ and âThe Kid with a Bike,â the brothers return to a music-free milieu here, save for Petula Clarkâs 1970 hit âLa nuit nâen finit plusâ emanating from a radio and, in one joyous scene, Van Morrisonâs âGloria.â
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano BIM Distribuzione e Samanta Dalla Longa (QuattroZeroQuattro)