Il regista tedesco MICHAEL HANEKE riprende il filo della sua parabola di violenza iniziata con Funny Games 1997 e 2007) allacciandosi ora alle sue radici più profonde: quelle di una violenza che serpeggia silenziosa senza alcun bisogno di alcun ‘manifesto’ in Das weiße Band (IL NASTRO BIANCO, 2009). Con questo film, vincitore della PALMA D’ORO A CANNES, HANEKE persevera d’altra parte nella sua ‘missione’: scavare con la freddezza di un’operazione chirurgica per arrivare a far comprendere le origini del male. Ed HANEKE, noto come spiazzante autore controcorrente, la sa lunga su questo registro, scegliendo di proposito di affidarsi a stilemi espressivi tanto inconsueti quanto mirati, in un modo o nell’altro, all’incisività del messaggio nel risultato finale. Non è un caso che le riprese de IL NASTRO BIANCO siano in un austero bianco e nero e che le origini del male si appuntino sugli occhi di bambini in una comunità rurale tedesca all’alba della Grande Guerra. (P. Ferretti, "www.celluloidportraits.com")
Il regista tedesco MICHAEL HANEKE riprende il filo della sua parabola di violenza iniziata con Funny Games 1997 e 2007) allacciandosi ora alle sue radici più profonde: quelle di una violenza che serpeggia silenziosa senza alcun bisogno di alcun ‘manifesto’ in Das weiße Band (IL NASTRO BIANCO, 2009). Con questo film, vincitore della PALMA D’ORO A CANNES, HANEKE persevera d’altra parte nella sua ‘missione’: scavare con la freddezza di un’operazione chirurgica per arrivare a far comprendere le origini del male. Ed HANEKE, noto come spiazzante autore controcorrente, la sa lunga su questo registro, scegliendo di proposito di affidarsi a stilemi espressivi tanto inconsueti quanto mirati, in un modo o nell’altro, all’incisività del messaggio nel risultato finale. Non è un caso che le riprese de IL NASTRO BIANCO siano in un austero bianco e nero e che le origini del male si appuntino sugli occhi di bambini in una comunità rurale tedesca all’alba della Grande Guerra. (P. Ferretti, "www.celluloidportraits.com")