LA MIA VITA E' UNO ZOO: UNA BELLISSIMA STORIA VERA RAGGIUNGE LA CELLULOIDE CON MATT DAMON E SCARLETT JOHANSSON DIRETTI DAL REGISTA DI 'JERRY MAGUIRE' CAMERON CROWE
RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dall'8 GIUGNO
"Per me era un tipo di film diverso, proprio perché non volevo farne una storia personale. 'La mia vita è uno zoo' è nato dal desiderio di narrare la vicenda di Benjamin Mee... Alla fine, raccontare la storia di Benjamin è diventato un fatto personale, come tutti gli altri progetti che ho realizzato finora. Una delle ragioni per cui ero interessato a girare il film era che volevo diffondere un po’ di gioia nel mondo. 'La mia vita è uno zoo' è un film che suscita gioia, fa sentire vivi e parla di come si può trasformare la perdita in una fonte d’ispirazione. Tutto ciò mi piace molto... La vicenda infonde un senso di amore per la vita – umana e animale. E parla dell’assunzione di rischi. Molti dei maggiori traguardi mai raggiunti scaturiscono da rischi incredibili. La storia e i personaggi rappresentano tutto ciò che amo nei film".
Il regista e co-sceneggiatore Cameron Crowe
(We bought a zoo; USA 2011; Dramedy; 124'; Produz.: Vinyl Films; Distribuz.: 20th Century Fox)
Sceneggiatura:
Cameron Crowe e Aline Brosh McKenna
Soggetto: Tratto dall’esperienza biografica che Benjamin Mee ha immortalato nel libro We Bought a Zoo: The Amazing True Story of a Young Family, a Broken Down Zoo, and the 200 Wild Animals That Changed Their Lives Forever. Benjamin Mee.
Cast: Scarlett Johansson (Kelly Foster) Matt Damon (Benjamin Mee) Colin Ford (Dylan Mee) Elle Fanning (Lily Miska) Maggie Elizabeth Jones (Rosie Mee) Thomas Haden Church (Duncan Mee) Patrick Fugit (Robin Jones ) Carla Gallo (Rhonda ) Stephanie Szostak (Katherine Mee ) Angus Macfadyen (Peter MacCready ) John Michael Higgins (Walter Ferris )
Costumi: Deborah Lynn Scott
Scenografia: Clay A. Griffith
Fotografia: Rodrigo Prieto
Montaggio: Mark Livolsi
Makeup: Elena Arroy, Becky Cotton, Brad Look, Cheri Minns e Teresa Vest
Casting: Gail Levin
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
Sinossi:
IN BREVE:
Benjamin Mee (Matt Damon), per cercare di ricompattare la propria giovane famiglia dopo la tragedia del cancro al cervello che ha colpito la moglie, usa i risparmi di una vita per acquistare un disastrato parco zoo nella campagna inglese. Insieme ai propri figli, prima della grande riapertura dovrà sistemare la fatiscente struttura, che ospita più di duecento esemplari di animali esotici e in via d’estinzione. Lo aiuteranno nell’impresa un’equipe di poche persone, che conta anche sulla presenza di Kelly Foster (Scarlett Johansson), che vive nella proprietà insieme alla ribelle figlia tredicenne (Elle Fanning).
Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)
Quando il neovedovo Benjamin Mee (Matt Damon) decide di sradicare la sua famiglia e di portarla in una nuova casa, lo fa nel modo più bizzarro possibile: acquistando una casa nel bel mezzo del nulla con annesso un decrepito zoo con 200 animali esotici. La forza motrice che lo spinge ad un gesto che a molti pare del tutto insensato, è la voglia di riportare il sorriso e la speranza sui volti dei suoi due figli, l’adolescente Colin e la piccola Rosie, ma anche sul suo. Convinto di rimettere lo zoo in sesto e renderlo un business a gestione familiare, Benjamin entra così in contatto con un mondo a lui del tutto sconosciuto. Ad aiutarlo ci penseranno gli inservienti che “eredita” dopo il rogito, tra cui Kelly (Scarlett Johansson). Il compito però non facile: i soldi finiscono subito, gli animali tendono a fuggire, l’esame per avere l’ok all’apertura è alle
porte ed è difficile da passare, senza contare che le tensioni familiari crescono sempre di più…
Al cinema esistono alchemici misteri fatti di successi inattesi e flop annunciati (e, s’intende, l’esatto contrario). Così come esistono registi a cui viene data carta bianca semplicemente per il nome che portano. Qualche esempio? Senza scomodare i venerabili maestri (Claude Lelouch, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese), nella categoria suddetta ci sono senz’altro i vari Steven Sodebergh, Alexander Payne, David Fincher, Christopher Nolan. E naturalmente Cameron Crowe, autore de La mia vita è uno zoo. Proprio Crowe e il suo successo, per chi vi scrive, restano un mistero indecifrabile. Autore di Elizabethtown, film perfino venerato da molti, ha diretto anche Almost Famous, Vanilla Sky e Jerry Maguire (pellicola che ha fatto vincere un Oscar a Cuba Gooding Jr: la statuetta più immeritata nella storia dell’Academy). Una serie di titoli che oscillano tra l’elegante nulla e l’understatement
acchiappa-critici. E la storia raccontata questa volta, il cui perno è la rinascita di uno zoo (e con esso: la rinascita di una famiglia - e più in generale di un rapporto padre-figlio - la rinascita di un amore, la rinascita della voglia di vivere) non fa eccezione. Di scena in scena, Crowe non manca di rispolverare tutti i totem della commedia sentimentale a sfondo familiare (e l’elenco è lungo): un uomo rimasto vedovo troppo presto con tanto di bimba loquace e figlio pre-adolescente ribelle e incapace di accettare la morte della madre; la nuova fiamma (l’inserviente dello zoo per il padre e la ragazzina di campagna per il figlio) che s’intravede sotto un mare di lacrime versate per la defunta; un fratello scapestrato che invita alla bisboccia continua; una pletora di personaggi da circo che comprende: un cattivone dalla bocciatura facile, un addetto ai recinti da leggenda, una contabile
squinternata e tanti (bellissimi) animali. Quello che ne viene fuori è una parodia del film diretto da un regista di successo. Tra qualche momento decisamente riuscito e un cast che tutto sommato non delude le attese, non ancora Disney ma nemmeno dalle parti di Steve Martin (senza offendere nessuno), La mia vita è uno zoo va ben oltre il polpettone e tuttavia segna i suoi punti. Fatta la tara di cui sopra, infatti, il film resta uno sguardo - alla fine - incantato sull’America e sul quel “Sogno” che ha fatto la fortuna di Hollywood. A qualcuno potrà sembrare poco, ma forse in molti se lo faranno bastare.
E ancora una volta, al riaccendersi delle luci in sala, la domanda “Ma Crowe è sopravvalutato o no?”, trova la medesima risposta della volta precedente: “Aspettiamo il prossimo film per dirlo”.