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    THE ARTIST: IL FILM SEMI MUTO IN BIANCO E NERO CON CUI IL REGISTA MICHEL HAZANAVICIUS PARLA DEL CINEMA

    Seconde visioni - Cinema sotto le stelle - OSCAR 2012 - VINCITORE di 5 statuette: 'MIGLIOR FILM', 'MIGLIOR REGIA', 'MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA', 'MIGLIOR COLONNA SONORA' e 'MIGLIORI COSTUMI' - 10 NOMINATION agli OSCAR 2012 - VINCITORE di 6 PREMI CESAR (OSCAR FRANCESI) -VINCITORE ai BAFTA di SETTE PREMI, tra cui 'MIGLIOR FILM', 'MIGLIOR REGISTA', 'MIGLIOR ATTORE' (JEAN DUJARDIN) e 'MIGLIOR SCENEGGIATURA'; VINCITORE di 3 GOLDEN GLOBES come 'MIGLIOR FILM', 'MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA' (JEAN DUJARDIN) e 'MIGLIOR COLONNA SONORA ORIGINALE' (LUDOVIC BOURCE); già VINCITORE del CRITICS' CHOICE AWARDS 2012 come 'MIGLIOR FILM' - I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - Dal 64. Festival del Cinema di CANNES PALMA D'ORO al 'MIGLIOR ATTORE' JEAN DUJARDIN - RECENSIONE ITALIANA e PREVIEW in ENGLISH by PETER DEBRUGE (www.variety.com)

    (The Artist; FRANCIA 2011; Commedia ispirata al cinema muto; 100'; Produz.: La Petite Reine/La Classe Américaine/uFilm/JD Prod/France 3 Cinéma/Studio 37; Distribuz.: BIM)

    Locandina italiana The Artist

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    Celluloid Portraits:



    See SHORT SYNOPSIS

    Titolo in italiano: The Artist

    Titolo in lingua originale: The Artist

    Anno di produzione: 2011

    Anno di uscita: 2011

    Regia: Michel Hazanavicius

    Sceneggiatura: Michel Hazanavicius

    Cast: Jean Dujardin (George Valentin)
    Bérénice Bejo (Peppy Miller)
    John Goodman (Al Zimmer )
    James Cromwell (Clifton )
    Penelope Ann Miller (Doris )
    Missi Pyle (Constance )
    Beth Grant (cameriera di Peppy)
    Ed Lauter (maggiordomo)
    Joel Murray (vigile del fuoco)
    Bitsie Tulloch (Norma )
    Ken Davitian (prestatore su pegno )
    Malcolm McDowell (maggiordomo)
    Basil Hoffman (banditore)
    Bill Fagerbakke (poliziotto Tuxedo)
    Nina Siemaszko (ammiratrice)

    Musica: Ludovic Bource

    Costumi: Mark Bridges

    Scenografia: Laurence Bennett

    Fotografia: Guillaume Schiffman, AFC

    Montaggio: Anne-Sophie Bion e Michel Hazanavicius

    Makeup: Kelcey Fry, Lydia Milars e Maha Saade

    Casting: Heidi Levitt, C.S.A

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    IN BREVE:

    Hollywood 1927. George Valentin è un divo del cinema muto all'apice del successo. L'avvento dei film parlati lo fa scivolare nell'oblio. Intanto Peppy Miller, una giovane comparsa, viene proiettata nel firmamento delle stelle del cinema.

    SHORT SYNOPSIS:

    Hollywood, 1927: As silent movie star George Valentin wonders if the arrival of talking pictures will cause him to fade into oblivion, he sparks with Peppy Miller, a young dancer set for a big break.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    IL CINEMA EMOZIONAL-SENSORIALE DI MICHEL HAZANAVICIUS E' MOLTO PIU' DI UN OMAGGIO AL CINEMA MUTO: E' UN CINEMA CHE PARLA DI CINEMA, QUELLO FATTO DI GRANDI E PICCOLE UMANITA', DI PICCOLE E GRANDI MISERIE INTERIORI, AGLI ALBORI DI UNA HOLLYWOODLAND, ALLORA COME OGGI, TESTIMONE OCULARE DELLE SVARIATE PARABOLE UMANE NEI SUOI SVARIATI ANDAMENTI, DALL'ASCENDENTE AL DISCENDENTE, DI CATASTROFICHE CADUTE QUANTO DI POSSIBILI RIABILITAZIONI SUL FILO DI UN LINGUAGGIO ARTISTICO ESPRESSIVO DAVVERO UNIVERSALE, MAGARI A PASSO DI DANZA

    Non c'è sorpresa. L'imprinting di The Artist si manifesta fin dal primo fotogramma, caratterizzato dal fondo grigio e sgranato come ricordiamo dalle pellicole anni Venti agli albori del cinema, ovviamente in bianco e nero e, ovviamente, muto. L'unica sonorizzazione è ora (in The Artist), come allora (nei film d'epoca originali), dettata dalla musica. Anzi, una vera e propria orchestra dotata del suo bravo Maestro Direttore che il temerario regista Michel Hazanavicius - OSS

    117: Le Caire, nid d'espions e il sequel OSS 117: Rio ne répond plus, una parodia dei film di spionaggio degli anni Sessanta e in particolar modo dell'agente OS 117, popolare personaggio creato da Jean Bruce nel 1949 - non manca di riprendere più e più volte, parata tra una gremita platea di sala cinematografica e il grande schermo dove si proietta un film con sequenze, in qualche modo affini al film (che aveva come protagonista Sean Penn e un cane) a sua volta proiettato in Disastro a Hollywood (2008) di Barry Levinson, là dove Robert de Niro era alle prese con qualche problemino non da poco in merito alla produzione di una pellicola prima del suo approdo a Cannes. Un'altra epoca, un'altra storia, intrisa di tutta la contemporaneità di realtà ed estetica (a colori), in cui comunque il cinema parlava del cinema, così come oggi in The Artist.

    Il

    film nel film e un viaggio nel dietro le quinte di produzioni cinematografiche oltre che, sul filo dell'introspezione, delle vite dei vari protagonisti coinvolti, è un pò il tratto che accomuna Disastro ad Hollywwod e The Artist, facendo saltare agli occhi come la moderna produzione di quest'ultimo nella Hollywood attuale e la 'Hollywoodland' dei Kinograph Studios riesumata da Hazanavicius con The Artist, non differiscano tra loro più di tanto: stessa competizione ed egocentrismo, stesso morbo da protagonismo quando si è all'apice del successo con conseguente rovinosa caduta nel baratro della disperazione, annaffiata in solitudine con l'alcol, quando si impone un giro di boa e si entra a far parte dell'archivio delle cose passate. E il tramonto per una star non è mai accettato di buon grado in qualunque epoca. Anche questo fa parte della storia del cinema.

    C'è da dire che aprire oggi una nuova finestra sul mondo del cinema rifacendosi

    agli albori e cercare di parlarne usando lo stesso linguaggio originale, affidato all'espressione emozional-sensoriale per eccellenza, può dirsi un vero e proprio atto di coraggio. Ma la levatura di The Artist nella sua confezione è talmente alta da riuscire ad incantare il grande pubblico - evitando dunque formulazioni da elite - senza rinunciare ai toni intellettivamente sofisticati di letture stratificate a più livelli. Non si tratta difatti solo di un semplice, per quanto intenso e ben costruito, omaggio al cinema muto, ma di un inno entusiasta e sensibile al mondo del cinema in tutti i suoi più intimi aspetti, specchio di un'epoca quanto 'trade union' con la contemporaneità, in cui rientra la 'giocosa sapienza' di una regia stupendamente fantasiosa e creativa proprio sul piano dell'espressività artistica in celluloide: Hazanavicius veste il suo The Artist di una brezza di leggerezza per evidenziare aspetti più che seri, persino melodrammatici, così come solo

    un grande autore è in grado di fare. Guardando The Artist si coglie palpabile un amore per l'espressione che sa farsi arte, soprattutto in alcuni passaggi, da manuale. E' ad esempio il caso dell'improvvisa sonorizzazione del bicchiere e di altri oggetti, di contro alla totale assenza di voce da parte della star protagonista, alle prese con le sue urla senza voce di fronte allo specchio, per una melodrammatica metafora della svolta epocale del passaggio dal cinema muto al sonoro: tutto quanto intorno alla star del cinema muto (già all'apice del successo ora sull'inesorabile viale del tramonto) ha una voce, eccetto lei, messa a tacere dal nuovo che avanza fino a seppellire rapidamente quel che fa già parte del passato. Ma è pure il caso del cane, oltre che divertente e spassoso, personaggio-chiave del film, filtro speculare dei cambiamenti del suo padrone, o di inquadrature speciali quanto le allucinazioni visive o

    mentali del nostro protagonista (le bocche aperte al riso, all'urlo e ad ogni espressione che resta invece priva di sonoro e i personaggi in miniatura che compaiono in tutta la loro aggressività sul bancone da bar, testimone oculare di reali bevute ad oltranza).

    E' il cinema, nella sua personificazione, che si guarda allo specchio aprendo per lo spettatore una visione amplificata, doppia, anzi, multipla. Erede autodichiarato di Fritz Lang, Michel Hazanavicius chiama in causa proprio il pubblico che, d'altra parte, non ha bisogno di sforzi di fantasia troppo sostenuti per dipanare i dialoghi dei nostri protagonisti che, privati totalmente della verbosità del sonoro, sortiscono in una straordinaria comunicativa espressiva ancor più vibrante della parola. Un'intesa che il pubblico può stabilire con loro non tanto dalla esplicitazione dei sottotitoli, quanto dall'apice interpretativo raggiunto con la più alta espressione di introspezione piena, costretta a fare a meno del sonoro. Ben meritata la Palma

    d'Oro al 64. Festival di Cannes come 'Miglior Attore' all'interprete protagonista Jean Dujardin (Ca$h - Fate il vostro gioco, i due OSS 117 diretto dallo stesso Hazanavicius), la cui 'muta' intensità riesce a far eco e rimbalzare di schermo in schermo, di set in set o dal backstage dei dietro le quinte, innescando un altisonante flirt con le sue varie platee. Va da sé che il muto rievocato da Hazanavicius in The Artist scarta dall'espressività quasi clownesca di Chaplin e Keaton per incarnare la naturalezza espressiva nata con il muto di Murnau ed Hitchcock e se Jean Dujardin è il primo a farla magistralmente propria, lo segue a ruota la partner coprotagonista Berenice Bejo (Il destino di un cavaliere, OSS 117: Le Caire...) nei panni dell'attrice in repentina ascesa verso la scalata al successo Peppy Miller.

    Dietro le quinte, campagne pubblicitarie, il susseguirsi di stralci di articoli di giornali ("Variety"

    in testa), di titoli a caratteri cubitali che incarnano l'operazione amplificatrice del tam tam a mezzo stampa, la nascita delle locandine di film, qui rese protagoniste speculari del destino del loro stesso prodotto: sotto le abbaglianti luminescenze dei riflettori del successo o, al contrario, sotto i piedi dei passanti in una giornata di pioggia dove qualcuno tiene ben poca voglia di cantare (Hazanavicius strizza l'occhio al mitico Cantando sotto la pioggia così come Dujardin - nei panni del personaggio interpretato dalla star del muto George Valentin che egli incarna in The Artist - lo strizza al suo pubblico di schermo in schermo. Sono schegge di vanagloria, di cinico arrivismo a dispetto di ogni dignitosa, se non proprio amorevole e rispettosa, interazione umana, e sono schegge di umana frustrazione, disperazione e orgoglio ferito, di flirt e di amori infranti sullo scoglio dell'indifferenza, di fulmini a ciel sereno soffocati da un ego

    in grado di far tabula rasa nell'intorno. Schegge che Hazanavicius rende uniche infilandole una ad una, come perle di una preziosa collana, con un filo irrobustito da gugliate multiple: lo humour della commedia, la commozione del melò, la translitterazione della metafora, l'universalità dell'espressione emotivo-sensoriale pura, di cui non poteva che far parte la danza, ancora di salvezza che unisce in felice matrimonio vecchio e nuovo, sulle irresistibili note di uno scoppiettante tip tap: ogni riferimento a Ginger Rogers e Fred Astaire è puramente... voluto!

    Secondo commento critico (a cura di PETER DEBRUGE, www.variety.com)

    A love letter to silent cinema sealed with a smirk, "The Artist" reteams director Michel Hazanavicius with dapper "OSS 117" star Jean Dujardin for another high-concept homage, delivering a heartfelt, old-school romance without the aid of spoken dialogue or sound. Projected in black-and-white in the classic 4:3 aspect ratio, this crowd-pleasing comedy tips its top hat to those late-'20s Hollywood conventions rendered obsolete by the rise of the talkie as a pompous star fails to adapt to the new era. However inspired, pic will take careful handling to shatter the arthouse ceiling, as today's auds demonstrate little nostalgia for cinema's roots.
    In a way, the medium is in similar transition today, as such sincere, emotional stories are forced to compete with digital spectacle and 3D extravaganzas. Fortunately, it's a challenge well suited to the Weinstein Co., which announced its acquisition of U.S. and some international rights to this unique French-financed,

    American-made entry on opening day of the Cannes Film Festival. TWC's retro-style logo had already been attached to the front of the film by the time it screened four days later.

    "The Artist" opens in 1929 on a film-within-a-film starring matinee idol George Valentin (Dujardin), a square-jawed, double-breasted Douglas Fairbanks type (though his masked screen persona cuts a silhouette that suggests France's Fantomas character). Having mastered the Sean Connery shtick for the spoofier "OSS 117," Dujardin turns his impeccable imitation skills on a host of early film stars, combining Rudolph Valentino's smoldering appeal and slicked-back hair with Errol Flynn's panache and pencil moustache, while preserving an essential sincerity in the process.

    Though the packed movie palace erupts into a boisterous ovation as soon as the house lights come up, we hear nary a clap, since Hazanavicius has committed to telling his story MOS (save for two unforgettably hilarious exceptions). Instead,

    the helmer relies on infrequent English-language intertitles and a grand, period-appropriate score from "OSS" collaborator Ludovic Bource, which carries the emotion and energy of the film without resorting to anything so modern as a theme. Outside his premiere, Valentin finds himself sharing the red carpet with a star-struck aspiring actress, Peppy Miller (played by Hazanavicius' real-life wife, Brazilian stunner Berenice Bejo).

    Though Peppy seizes the opportunity to score a small dancing role in the studio's next picture, Valentin's producer (John Goodman) is furious that the pompous star's antics have upstaged his film. It doesn't help that Valentin is completely distracted by Peppy on set, blowing take after take as the cameras witness him falling in love. Back in Valentin's dressing room, Peppy proves equally smitten, cozying up to his overcoat in a bit that perfectly fits how one of her characters might behave onscreen.

    More respectful of his marriage to

    forever-dissatisfied Doris (Penelope Ann Miller) than most actors of the era were toward their spouses, Valentin resists making a pass at Peppy when the time seems right. Such courtesy has consequences, however, forcing their romance into a state of unrequited suspension as their careers veer in opposite directions: Peppy embraces the talking-pictures era, a nice sequence recapping her rise through the credits of several films, while Valentin scoffs, "I'm the one people come to see. They never needed to hear me."

    Truth be told, there's good reason Valentin resists this new fad in filmmaking, though we don't learn his secret until the very last scene. Along the way, Hazanavicius has inventive fun with the character's silence, particularly in one dream sequence where Valentin hears foley effects for the first time, yet still finds it impossible to speak. At home, divorce-ready Doris gives new meaning to the words, "We need to

    talk, George."

    Valentin's only companions during his harsh fall from the spotlight are his chauffeur Clifton (James Cromwell) and faithful Jack Russell terrier -- one of those star dogs well trained enough to rescue his master from scrapes both onscreen and off. But Peppy holds a place for Valentin in her heart, evident not only with each successive encounter, but also in her discreet actions to support the self-destructive star without his knowing.

    Although Valentin represents a corny breed of heartthrob for which today's auds have no use, Hazanavicius looks to the more artistically ambitious films of the era (and several subsequent decades) to inspire his own directorial style. Cribbing from Fritz Lang's "Spies," he stages a conversation between Valentin and Peppy on the stairs of Los Angeles' Bradbury Building, while undercranked extras speed by around them. Later, Valentin's climactic meltdown lifts an overhead shot straight from "Citizen Kane."

    Such

    references are offered less for the benefit of film geeks than for the mere fact that they offer the most elegant solutions for framing the scenes in question. Rather than using the harsh, stagebound look of the period, d.p. Guillaume Schiffman embraces the softer, more glamorous lensing of '40s-era Hollywood productions, shooting on color stock and then converting it to black-and-white in post. The look flatters the cast, especially Dujardin, whose incandescent charm comes through just fine with his arsenal of arched eyebrows, wry smiles and the other nonverbal tricks.

    Pressbook:

    PRESSBOOK in Italiano di THE ARTIST

    Links:

    • Michel Hazanavicius (Regista)

    • John Goodman

    • Jean Dujardin

    • Bérénice Bejo

    • THE ARTIST - INTERVISTA al regista MICHEL HAZANAVICIUS (PRESS CONFERENCE - Roma, 5 Dicembre 2011) (Interviste)

    • THE ARTIST - INTERVISTA al regista MICHEL HAZANAVICIUS (Parte 1) (Interviste)

    • THE ARTIST - INTERVISTA al regista MICHEL HAZANAVICIUS (Parte 2) (Interviste)

    • GLI INFEDELI - INCONTRO con gli attori e registi JEAN DUJARDIN & GILLES LELLOUCHE (Interviste)

    • 69. edizione GOLDEN GLOBES AWARDS (2012) - I VINCITORI: TRIONFANO 'THE DESCENDANTS/PARADISO AMARO' e 'THE ARTIST' come 'MIGLIOR FILM' rispettivamente per 'DRAMA' e 'COMEDY o MUSICAL' (Speciali)

    • 84th ACADEMY AWARDS - NOMINATIONS AGLI OSCAR: PER SCORSESE ('HUGO CABRET') 11 NOMINATION, SEGUE 'THE ARTIST' CON 10 (Speciali)

    • 84TH ANNUAL ACADEMY AWARD/OSCAR 2012 - AND THE WINNER IS... 'THE ARTIST'! Ben 5 statuette: film, regia, attore protagonista, colonna sonora e costumi (Speciali)

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    Galleria Video:

    The Artist - trailer

    The Artist - clip 'la prima!'

    The Artist - clip 'il bacio'

    The Artist - clip 'come il padrone...'

    The Artist - clip 'di chi sono queste gambe?'

    The Artist - clip 'l'abbraccio'

    The Artist - clip 'il neo'

    The Artist - clip 'tip tap a due'

    The Artist - intervista video al regista Michel Hazanavicius

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