(Diaz - Don't Clean Up This Blood; FRANCIA/ITALIA/ROMANIA 2012; drammatico; 127'; Produz.: Fandango/Le Pacte e Mandragora Movies con il sostegno di Alto Adige Film Commission; Distribuz.: Fandango)
Ricostruzione dei drammatici fatti occorsi nel 2001 a Genova, nella scuola Diaz, in occasione del G8. Il titolo fa riferimento a una frase scritta sui muri della scuola dopo l'infausto raid in cui numerosi attivisti appartenenti a movimenti pacifisti furono feriti nel corso della notte dalle forze di polizia.
IN DETTAGLIO:
(Elio Germano) è un giornalista della Gazzetta di Bologna. È il 20 luglio 2001, l'attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani. Luca decide di partire per Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo. Alma (Jennifer Ulrich) è un'anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco (Davide Jacopini), un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa
Legal forum. Nick (Fabrizio Rongione) è un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell'economista Susan George. Anselmo (Renato Scarpa) è un vecchio militante della CGIL e con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne (Ralph Amoussou) e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz prima di partire. Max (Claudio Santamaria), vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l'ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.
Poco prima della mezzanotte centinaia di poliziotti irrompono nel complesso scolastico Diaz-Â‐Pascoli, sede del Genoa Social Forum adibita per l'occasione a dormitorio. In testa c'è il VII nucleo comandato da Max, seguono gli agenti della Digos e della mobile, mentre i carabinieri cinturano l'isolato. È un massacro in piena regola. Quando Max dà ordine ai suoi di fermarsi, è tardi. 93 persone presenti nella scuola, oltre ad essere in arresto, hanno subìto una violenza inaudita senza aver opposto alcuna resistenza. Luca e Anselmo finiscono in ospedale, Alma dopo essere stata medicata viene condotta alla caserma di Bolzaneto. All'alba Etienne e i suoi amici escono dal bar dove si sono rifugiati durante la notte. Tutto è silenzio, deserto. Si fanno strada verso la Diaz, ma una volta dentro trovano solo sangue e distruzione. Anche Marco non si trovava alla Diaz durante l'incursione. Ha passato la notte con Maria, una ragazza spagnola conosciuta in quei giorni. Quando la mattina, in una Genova devastata e irreale, raggiunge la scuola, la luce del sole mette ancor più in evidenza le proporzioni del massacro. Sconvolto raggiunge il suo ufficio, squilla il telefono: è la madre di Alma. Marco non sa cosa sia successo alla ragazza ma promette che farà di tutto per trovarla. A Bolzaneto, per Alma e decine di altri ragazzi, l'incubo non è ancora finito.
Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)
Dopo la morte di Carlo Giuliani, ucciso da una pallottola esplosa dall’interno di una camionetta dei carabinieri in una piazza di Genova, a margine degli scontri del G8 2001, Luca (Elio Germano), un giornalista della "Gazzetta di Bologna" (quotidiano di destra) decide di andare a vedere di persona cosa sta accadendo nel capoluogo ligure. Alma (Jennifer Ulrich) è un’anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri e ora si occupa dei 'dispersi' insieme a Marco (Davide Jacopini), uno degli organizzatori del Genoa Social Forum. Anselmo (Renato Scarpa) è un anziano militante della CGIL che ha preso parte al corteo pacifico contro il G8, restando poi di sua iniziativa personale. Nick (Fabrizio Rongione) è un manager francese, giunto a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George, che non riesce a trovare un posto letto in città e deve farsi ospitare dai ragazzi della scuola Diaz. Bea e Ralf sono di passaggio
ma cercano un luogo presso cui dormire prima di ripartire. Max (Claudio Santamaria) è vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma che, nel corso della giornata di scontri, ha già preso la decisione di non partecipare a una carica al fine di evitare un bilancio ancora più pesante di feriti. Tutti loro, in modo inconsapevole, finiranno per incrociare per sempre il proprio destino durante la notte del 21 luglio 2001, all’interno della famigerata scuola Diaz di Genova e poi alla caserma Bolzaneto, quando l’inferno per molti assunse le sembianze di un membro delle forze dell’ordine.
«La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale». Con queste parole Amnesty International ha identificato chiaramente quanto accaduto a Genova, tra la scuola Diaz e la caserma Bolzaneto, durante il summit dei Grandi della Terra (che allora erano 8) in quella estate del 2001. Fatti che hanno
portato, la notte del 21 luglio, a 93 arrestati e 87 feriti, e poi ad un processo che per la Diaz vide alla sbarra 29 poliziotti che parteciparono all’azione (su un totale di 300) - con 27 condanne successive in appello per lesioni, falso in atto pubblico e calunnia, reati in gran parte prescritti -; per la Bolzaneto, invece, 44 condanne per abuso di ufficio, abuso di autorità contro detenuti e violenza privata (in Italia non esiste il reato di tortura). Tutto questo, che poco ha a che fare con il cinema ma bensì con la cronaca giudiziaria, è però indispensabile da sapere se si vuole veramente capire a fondo Diaz - Dont’ clean up this blood e la sua radice. Diretto da Daniele Vicari (Velocità massima, Il mio Paese, Il passato è una terra straniera), e prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci, il film - basato proprio sugli atti
processuali e le testimonianze di quanto accadde in quell’istituto scolastico che, ironia della sorte, è dedicato a colui che firmò il bollettino di guerra della vittoria del 1918 - usa un tono asciutto, che sa rendersi perfino commovente, nel mostrare certa disumanità incomprensibile con cui Vicari mette in scena una disfatta. Che non è quella di un poliziotto che si deve 'vendicare' per una pressione insostenibile, o quella di un manifestante che non trova di meglio (in molti casi) che sfasciare tutto quello che incontra sulla sua strada per mostrare il proprio sdegno, ma è la disfatta più cocente di tutte: quella del diritto democratico. Partendo da questo assunto, il regista si pone all’interno del film di denuncia civile con forza e senso della misura, spalleggiato da Domenico Procacci, da tempo il più lungimirante dei nostri produttori, mostrando entrambe le facce della medaglia: in apertura ci sono le devastazioni della
città ligure, la perdita del senso della misura e della 'mission' stessa delle proteste; poi c’è la devastazione del senso civile e dell’etica con l’irruzione nella Diaz e i soprusi alla Bolzaneto. A chiarire il concetto che il film non è contro i poliziotti e non assolve i manifestanti è una battuta pronunciata da Renato Scarpa (Anselmo nel film), che alla ricerca di un posto per dormire, rispondendo a chi gli chiede se si accontenta di un angolo per terra col sacco a pelo, risponde che in guerra non si dorme sui letti. Ecco, Diaz - Dont’ clean up this blood usa l’onestà delle intenzioni (giuste o sbagliate, a torto o a ragione), togliendo visibilmente agli attori per darla ai personaggi che interpretano, al fine di ricordare che certe cose vanno chiamate col loro nome - guerra - e che tra il dimenticare e il comprendere c’è necessariamente la
cauterizzazione delle ferite. Di tutti.
Bibliografia:
Nota: Si ringrazia Federica Ceraolo (Ufficio Stampa Fandango)