IL RICATTO: ALTA TENSIONE ORCHESTRATA DAL REGISTA EUGENIO MIRA (AGNOSIA), CON ELIJAH WOOD E JOHN CUSACK, IN UN DIRETTO OMAGGIO A MAESTRI COME SPIELBERG, ZEMECKIS, DE PALMA E, SOPRATTUTTO, AL CLASSICO DI HITCHCOCK 'L'UOMO CHE SAPEVA TROPPO'.
RECENSIONE - Dal 31° Torino Film Festival - Dal 20 MARZO
Un famoso pianista soffre di panico da palcoscenico, fobia che lo costringe lontano dalla scena per cinque anni. Quando il musicista torna ad esibirsi, scopre che sul suo spartito c'è una nota sbagliata. L'uomo si ritrova cosi' intrappolato in un concerto mortale organizzato da un folle che lo costringe a suonare al massimo delle sue possibilità , per salvare la sua stessa vita e quella di sua moglie.
IN ALTRE PAROLE:
Tom Selznick (Elijah Wood) è un giovane e talentuoso pianista ritiratosi dalle scene da anni a causa di un attacco di fobia da palcoscenico. Nel momento in cui si appresta a dare il via al concerto che segnerà il suo attesissimo ritorno sulla scena, Tom trova scritto sul suo spartito il messaggio "Sbaglia una nota e morirai". Seduto al pianoforte, il giovane pianista è così costretto a suonare un brano difficilissimo e, allo stesso tempo, a cercare di smascherare il cecchino che gli parla attraverso l'auricolare.
SHORT SYNOPSIS:
Moments before his comeback performance, a concert pianist who suffers from stage fright discovers a note written on his music sheet.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETI)
IL CINEMA DI EUGENIO MIRA, OMAGGIANDO HITCHCOCK & CO., SIMULA IN UN CORRISPETTIVO METALINGUISTICO, LA 'PARTITURA' MUSICALE DEL PROTAGONISTA (ELIJAH WOOD) ALLE PRESE CON UN BRANO QUASI IMPOSSIBILE DA ESEGUIRE CONGIUNTO AD UNA CONVINCENTE MINACCIA DI MORTE. CAVALCANDO IL 'NON FINITO' RITROVA L'ELEGANTE ARMONIA DEL NOIR, CON QUALCHE PERDONABILE CONCESSIONE ALL'IMPROBABILE, AL SERVIZIO DELLO SPETTACOLO
L'applauso e la musica in sottofondo sui titoli di testa in bianco su fondo nero ci catapultano in un'atmosfera che sa essere già intrigante, capace di prendere al laccio lo spettatore per metterlo prestamente in lista di attesa, mentre lo intrattiene, ammaliandone lo sguardo con carrellate intimiste, appuntate su strani e indefiniti dettagli, danzanti tra maestosi movimenti di macchina che sanno come farsi largo tra una selva di immagini intonse. Una selva intensamente chiaroscurata, là dove è l'ombra a condurre il gioco con una luce sottomessa alla sua sovranità : dettagli intuiti, più che visti, sul
colpo di coda di un battito di ciglia, e per di più pertinenti ad elementi nascosti, magari le corde motrici del suono all'interno di un pianoforte. Scorci in qualche modo poetici che si intrecciano con altri di cui si coglie solo fugacemente la contrapposta natura, come ad esempio gli ingranaggi di un'arma. In questo suggestivo piano sequenza fatto di umbratili scorci ad intreccio, non esiste un solo fotogramma d'insieme e il respiro è già tirato sul filo di una sospensione, se non proprio ansiogena, almeno in grado di tenerci comunque incollati allo schermo in attesa di decifrare quel genere di indefinito che carica a dovere un noir di apprezzabile levatura.
E' così che il regista spagnolo dell'apprezzato Agnosia Eugenio Mira, in un apertamente dichiarato omaggio a maestri come Spielberg, Zemeckis, De Palma e primo fra tutti al classico noir di Alfred Hitchcock, con particolare riferimento a L’uomo che sapeva troppo, apre
il sipario del suo Grand Piano (Il ricatto). Un tocco di stile che tiene in caldo per tutta la durata del film prima di richiamarlo in causa per l'epilogo, caratterizzato per l'appunto da un 'non finito' di rara eleganza, in cui l'elemento 'chiave' compare in una collocazione del tutto inconsueta ed originale, ammiccante con una complice strizzatina d'occhio, al vero movente di una provocazione ricattatoria nata e cresciuta sul palcoscenico dell'incompreso.
Il perno narrativo centrale di questa storia è di per sè intrigante ma non eccezionale: un pianista che si è ritirato a causa della sua fobia da palcoscenico e che ritorna sul palco dopo 5 anni, proprio quando sta per suonare la prima battuta, si accorge che a fondo pagina dello spartito qualcuno ha scritto: 'Sbaglia una nota e morirai'. Uno scherzo? Niente affatto, come ben presto, scoprirà il nostro protagonista, controllato e comandato a bacchetta sotto minaccia di
morte attraverso un auricolare, da una voce non identificata - e che rimarrà senza volto sino alla fine quando l'imprevisto farà visita a sorpresa ai piani del misterioso ricattatore - proprio mentre sta suonando di fronte a un auditorium di 4.000 spettatori, tra cui la giovane moglie, popolare star del cinema. Mira tiene a lungo i piedi in due staffe, cavalcando il motivo del successo, del prezzo della ribalta, e del primo piano sotto i riflettori, di entrambi i protagonisti, prima di ricondurre la prima mano al musicista che suona il piano con il terrore negli occhi, un orecchio alla musica e un altro alla misteriosa e minacciosa voce che lo incalza, non mancando di fornire prove concrete della sua fermezza di propositi.
indisturbata, all'incondizionato servizio dell'intrattenimento - è il modo di procedere adottato per guidarci dentro quel 'chi cerca trova' insito nella storia: il modo in cui introduce il primo protagonista, quel 'grand piano' appartenuto al grande maestro e mentore del pianista Tom Selznick, il tipo carico di fobie (dell'aereo così come da palcoscenico) ben assestato da Elijah Wood che peraltro sembra aver eseguito realmente i pezzi per pianoforte con cui si misura il suo personaggio.
Avanzando dunque per premesse, incastri, veli di trasparenze, che siano esse di vetri riflessi, o di specchi da camerino, Mira cattura la nostra attenzione e si guadagna lo stesso credito che permette di riacquisire allo stesso pianista discreditato dalla figuraccia fatta cinque anni prima con il 'brano impossibile' de 'La Cinquette'. Sono certa che di questo Grand Piano (Il ricatto) troverete interessante scoprire come si arriverà alla risoluzione, nel bene e nel male, di una doppia
sfida: quella del nostro personaggio con il brano impossibile valevole di vita e di morte, e quella del nostro regista, di competere, sia pure sull'onda dell'omaggio, con Alfred Hitchcock (& Co.), il 'guru' nel 'gotha' del noir per eccellenza. In mezzo ci sta la sceneggiatura di Damien Chazelle (pure regista), concepita a sua volta come una 'partitura' tesa verso la combinazione sincronica di elementi e segni vari da legare tra loro, si direbbe in una sorta di corrispettivo 'metalinguistico' della stessa Cinquette, l'iconico 'brano quasi impossibile da eseguire'. E sono altrettanto certa che la sinfonìa sprigionata da quelle note vi piacerà .