HERCULES - LA LEGGENDA HA INIZIO: MITOLOGIA GRECA E LEGGENDA ADDOMESTICATE PER IL GRANDE SCHERMO FANNO INCETTA DI SPECIALI EFFETTI, SPETTACOLARI TANTO QUANTO LE IMPRESE DELLO STESSO ERCOLE
RECENSIONE IN ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by SCOTT FOUNDAS (www.variety.com) - Dal 30 GENNAIO
(The Legend of Hercules; USA 2014; Azione Fantasy Avventura Mitologico; 97'; Produz.: Millennium Films ; Distribuz.: M2 Pictures)
La storia di HERCULES: LA LEGGENDA HA INIZIO ha origine dalle gloriose narrazioni dellâantica mitologia greca, in cui gli uomini si scontrano con gli dei. Il film indaga, attraverso una rivisitazione delle origini epiche dellâeroe, la leggendaria storia ultraterrena di Hercules dal punto di vista di un giovane uomo in lotta con il suo destino.
La regina Alcmena, nel disperato intento di liberare il suo popolo dal regno del marito vendicativo e di portare la pace nel paese, prega gli dei di guidarla. Zeus, dio della guerra, le concede un figlio, Hercules. Dal momento che la vera identitĂ di Hercules è tenuta nascosta, lâillegittimitĂ di Hercules è motivo di risentimento per il re Anfitrione, che predilige Ificle, il figlio maggiore.
Il giovane Hercules si innamora della bellissima Ebe, ma allâimprovviso i due vengono separati dal proclama del padre secondo cui dovrĂ essere Ificle a prendere in moglie la principessa. Hercules vuole fuggire e sposare la donna che ama, ma è catturato dalle guardie del re e condannato a morire in guerra. Sfuggito alla morte, Hercules si unisce a Sotero, suo amico guerriero, nella valorosa impresa di liberare il regno dalla tirannia di Anfitrione, liberare la sua amata dalle grinfie del fratello e diventare il piĂš grande degli eroi greci.
Commento critico (a cura di FRANCESCO ADAMI)
Hercules-La leggenda ha inizio (The Legends of Hercules) è un film di genere epico - mitologico diretto e prodotto da Renny Harlin, nel quale si narrano le origini delle poderose gesta del principe Alcide nel suo cammino verso la conoscenza di se stesso e del suo vero nome, ossia Hercules. Dal punto di vista mitologico il breve racconto è ispirato solamente alle classiche gesta del leggendario Eracle, ad esempio il personaggio di Chirone raffigurato come un vecchio saggio e mentore dell'eroe non rende grazia alla figura del leggendario centauro. Hercules, in origine doveva la sua cultura ed esperienza nel combattimento a vari maestri, per la letteratura al musico Lino, il bovaro Teutaro per l'esperienza nel tiro con l'arco ed infine per la musica a Eumolpo. Proseguendo la narrazione filmica Hercules con il fratello Ificle,
incontrano nel loro cammino il leone di Nemea e lo affrontano rischiando la vita: Hercules ha la
meglio sulla feroce belva ma al ritorno dall'impresa il fratello non si comporta come dovrebbe. Questo aspetto narrativo, anche se prende spunto da alcune versioni del mito, non è coerente con la vera storia di Hercules, dato che l'uccisione
del leone Nemea appartiene ad una delle dodici fatiche che vengono inflitte all'eroe dal cugino Euristeo dopo un momento di pazzia dell'eroe. Gli autori, per essere attinenti alla leggendaria storia, avrebbero dovuto inserire al posto del Leone di
Nemea, la figura del Leone del Citerone, ossia la belva che divorava le mandrie del re Anfitrione patrigno di Hercules. Il fattore principale che spinge Hercules a vivere e riscoprire se stesso, è mosso dal suo amore per la giovane principessa Ebe, che si trova a dover essere separata dal suo amato dato che Ificle, fratellastro di Hercules, la
vuole prendere in sposa. L'impresa non è facile ed Hercules catturato dalle guardie del re è condannato
a morire in guerra, sfugge alla morte, ed unendosi a Sotero, suo amico guerriero, decide di affrontare la valorosa impresa di liberare il regno dalla tirannia di Anfitrione.
Questa vicenda dell'eroe solitario che si ritrova a dover sostenere una vicenda familiare e riscattare un regno, lo rende vicino alla classica storia di un eroe che deve scoprire se stesso e i suoi poteri, un po' tra un Harry Potter e Aragorn ma con il fisico di Conan. Un'ultima nota che si discosta dalla bellezza del mito originale è la figura di Ebe, sicuramente è l'amata eterna di Hercules od Eracle, in realtà non è una principessa ma la Dea della Giovinezza, figlia di Zeus e di Era, una sorta di sorellastra divina di Hercules.
Tralasciando la trasposizione del tragico
mito a vantaggio di una storia di intrattenimento tipica dei film degli ultimi anni, l'aspetto piÚ interessante del lungometraggio è la realizzazione
tecnica attraverso l'utilizzo di un grande lavoro del reparto effetti visivi, costumi e scenografie, tutte
realizzate per la maggior parte da artisti bulgari, dato che il film è stato completamente girato a Sofia in Bulgaria. Essendo il suo primo film in 3D, il regista Renny Harlin, titubante del formato temendo che questo avrebbe rallentato la
produzione e inciso sulle decisioni giornaliere, ha rivalutato la tecnologia, grazie alla peculiare caratteristica di rafforzare il coinvolgimento degli spettatori allâinterno del film. Pertanto in questo film ogni cosa è stata progettata per il 3D, a differenza di altre pellicole che invece sono state convertite in 3D solo successivamente. Il 3D entra in gioco nella costruzione dei set, dei costumi, delle armi e perfino nel trucco e nelle acconciature, pertanto Harlin ha deciso di raccontare una storia in modo diverso, utilizzando primi piani, campi medi e sfondi in modo da offrire allo spettatore unâesperienza piĂš coinvolgente. Anche
per lo scenografo Luca Tranchino è stato un fattore positivo, il realizzare le sue opere per il 3D: l'aspetto piĂš interessante del suo lavoro in 3D è la creazione di elementi in primo piano e sullo sfondo che aumentano il campo prospettico e si staccano dallo spazio della scena. In una scena nel megaron, una stanza con al centro un grande focolare e unâapertura nel soffitto per far uscire il fumo, il team di Tranchino ha utilizzato il fattore fuoco perchĂŠ aggiungeva qualcosa alla fotografia di Sam McCurdy donando una profonditĂ di campo e una luce che con il 3D vengono messe in risalto. Molto efficaci soprattutto nello stile visivo a favore di un aspetto drammaturgico, l'utilizzo di riprese effettuate in velocitĂ normali con macchine da presa digitali Red Epic, assieme alle riprese rallentate, effettuate con la macchina da presa Phantom.
Per il coordinatore degli stuntmen è stato piÚ difficoltoso
lavorare col 3D, dato che uno stuntman, non riuscendo a vedere la profondità di campo, nelle riprese normali in 2D può dare un
pugno a qualcuno mancandolo di 15 centimetri, mentre con il 3D tutte le distanze vengono vanificate e c'è bisogno che tutti i movimenti siano vicini. Soprattutto nelle scene rallentate gli stuntmen hanno dovuto essere molto precisi nelle loro mosse dato che il movimento è composto da un migliaio di fotogrammi e ogni singola azione deve essere curata nel dettaglio.
Il film è stato girato in Bulgaria per ben 54 giorni, per alcune scene in esterni in una grotta immensa nella quale vi erano all'interno un migliaio di persone ed in altre negli studi Boyana a Sofia, i piĂš grandi dellâEuropa dellâEst, dove per le scene dâazione sofisticate si è ricorso alla utile tecnologia Green Screen. Attraverso il Green Screen, il regista ha potuto ricostruire le immagini dellâantica Grecia
che rispecchiano la trama aggiungendo effetti speciali accattivanti. Gli studi Boyana sono diventati la sede di giganteschi set in scala, in cui hanno lavorato per rendere possibile il film centinaia di persone, fra cui lo scenografo Luca
Tranchino.
Per quanto riguarda l'aspetto artistico, l'attore Kellah Lutz propone un'interpretazione notevole e degna della personificazione dell'eroe greco, affiancato da Liam McIntyre che interpreta Sotero, eroe inesistente nella mitologia, che si impegna a seguire l'eroe mostrando una energica sintonia. Non da meno sono le interpretazioni di Scott Adkins (Anfitrione), Roxanne McKnee (Alcmena), Liam Garrigan (Ificle) e Gaia Wess nel ruolo di Ebe. Un film sicuramente da visionare per entrare in una particolare visione di un mondo mitico e rivivere battaglie di un eroe leggendario.
Secondo commento critico (a cura di SCOTT FOUNDAS, www.variety.com)
THE MYTHICAL GREEK STRONGMAN GETS A REFRESHINGLY HUMAN SPIN IN BRETT RATNER'S GRANDLY SCALED, SOLIDLY ENTERTAINING POPCORN PIC.
On paper, Brett Ratner sounds like such an improbable choice to direct a large-scale ancient Greek epic that, going into his âHercules,â one could only hope for a less aggressively preposterous affair than Renny Harlinâs bargain-basement âThe Legend of Herculesâ from earlier this year. The happy surprise is that Ratnerâs âHerculesâ is more than a mere improvement on its predecessor. Itâs a grandly staged, solidly entertaining, old-fashioned adventure movie that does something no other Hercules movie has quite done before: It cuts the mythical son of Zeus down to human size (or as human as you can get while still being played by Dwayne Johnson). The result is a far classier pic than Paramountâs frenetic trailer â and decision to hide the film from reviewers until the 11th hour â
foretold, albeit one that will struggle to find its sea legs at a crowded and underperforming summer box office. Overseas prospects look sunnier.
Ratnerâs film owes its counter-canonical premise to the late author Steve Moore, whose five-issue Radical Comics series âHercules: The Thracian Warsâ proffered a Herc who was markedly more man than god, his supposedly divine paternity a useful legend but perhaps no more than that. Screenwriters Ryan J. Condal and Evan Spiliotopoulos have sanded down many of Mooreâs rougher edges (including his Herculesâ volatile temperament and bisexuality) for this more family-friendly enterprise, but theyâve built on the idea of the warrior hero as a self-conscious mythmaker, inventing practical, real-world explanations for all of his seemingly superhuman feats. If the gods exist, theyâre nowhere to be seen here. The multiheaded hydra Hercules reputedly slayed during the second of his storied 12 labors has become a band of marauders disguised with
serpentine masks. And what of a supposed army of half-human, half-equine centaurs? Or Cerberus, the three-headed dog of Hades? All can be explained as mere tricks of the light, or the mind, while Herculesâ dutiful nephew and self-appointed biographer Iolaus (Reece Ritchie) transfigures the narrative into legend as he spreads it up and down the Greek countryside.
The stories prove good for business, Hercules being in the mercenary-for-hire trade, which he practices in concert with a quartet of trusted confidants: Autolycus (Rufus Sewell), a childhood friend who rose with the orphaned Hercules through the ranks of the Athenian army; the fearsome Amazonian warrior Atalanta (Ingrid Bolso Berdal); shell-shocked mute Tydeus (the impressive Norwegian actor Aksel Hennie, from âHeadhuntersâ); and mystical seer Amphiaraus (a superbly hammy Ian McShane), who sees much but is at a loss to unravel the mystery of the violent incident in Herculesâ past that turned him from conquering
hero into restless wanderer. The group has a relaxed, Hawksian interplay with touches of humor â Amphiaraus, who claims to have presaged his own death, keeps misjudging the timing of the fated event. They also have one sole objective: a last big score that will allow them to settle into early retirement. (Civilization, Hercules muses, has become too much to bear â which, considering weâre still in the Iron Age, is really saying something.)
Opportunity knocks in the form of Princess Ergenia (Rebecca Ferguson), who implores Hercules and his cohorts to come to the aid of her embattled father, the kindly King Cotys (John Hurt), whose kingdom of Thrace finds itself at war with the powerful sorcerer Rhesus (Tobias Santelmann). So off to Thrace they go, with the objective of turning Cotysâ population of tenant farmers into a skilled fighting army.
In terms of sheer scale and craftsmanship, âHerculesâ represents something of
a quantum leap for Ratner, who until now has seemed most comfortable at the helm of lightly diverting, â80s-style buddy comedies (âMoney Talks,â âRush Hour,â âTower Heistâ), and who appeared profoundly out of his element on the profitable but incomprehensible âX-Men: The Last Standâ (2006). But Ratner has clearly learned a lot about large-scale action directing since then. âHerculesâ consists primarily of three elaborate battle scenes held together by some quickly dispatched exposition, and the first â and grandest â of them is a genuine stunner. Arriving at the smoldering remnants of a village seemingly destroyed by Rhesusâ army, Herculesâ troops find themselves ambushed by legions of steely-eyed warriors in camouflaged body paint (think several thousand Col. Kurtzes from âApocalypse Nowâ), and the violent rumble that ensues is staged by Ratner and ace cinematographer Dante Spinotti in clean, coherent pieces of action that build steadily in intensity.
Weâre a long way
away here from the disorienting whiplash effect of most modern action movies, as sweeping overhead vistas give way to carefully framed medium shots and closeups that hone in on specific bits of action. Bone and sinew smash against swords and chariot wheels. Arrows rain down from the skies (and, in the unusually good 3D conversion, right into the audience). Shields and armor clang resoundingly on the Dolby Atmos soundtrack. And while the battle proves devastating for those on both sides, viewers may find themselves exhilarated and slightly giddy at the end of it.
If âHerculesâ isnât quite as compelling off the battlefield as on, it certainly never dawdles, clocking in at just under 90 minutes (sans credits) and keeping ever mindful that the audience for a movie like this is there for the big guns (or, in this case, the big swords) and not the small talk. Ratner holds his ambitions
in check: He isnât trying to make his âGladiatorâ or âFall of the Roman Empireâ here, and for all the handsome craftsmanship, he never tries to deny the Hercules storyâs intrinsic schlock value. At its best, the movie harks back to the unpretentious fantasy adventures of an earlier era, chiefly Columbia Pictures programmers like âJason and the Argonautsâ (1963) and âThe 7th Voyage of Sinbadâ (1958), right up to a fiery pit of doom finally complete with flaming torches, plummeting iron gates and one character enthusiastically bellowing âUnleash the wolves!â (All this before someone gets crushed by a giant stone bust of Hera.)
Ratner was smart to stack the cast with the kind of classically trained British pros who can make a line like âUnleash the wolves!â sound faintly Shakespearean. But âHerculesââ strongest asset is surely Johnson, who continues to foster one of the most affable, guileless screen personas in movies
today. Johnson may have been born with screen presence wired into his DNA, but heâs gradually cultivated the skills of a canny actor who knows just how to play to the camera and whose brute physical prowess is cut with a sly self-awareness. More than anything else, itâs he who gives this Hercules his human-sized soul.
Among the uniformly top-drawer craft contributions, longtime James Cameron collaborator John Bruno merits special mention for his wonderfully tactile, detailed visual effects work, as does production designer Jean-Vincent Puzos (âAmourâ) for his sprawling storybook sets.