LEVIATHAN: ANDREY ZVYAGINTSEV (THE RETURN-IL RITORNO) CI PRESENTA IL GIOBBE DELLA CONTEMPORANEITA' NEL NUOVO CALVARIO CHE VEDE L'INDIVIDUO NELLA IMPARI LOTTA CONTRO IL POTERE CORROTTO. E NON SOLO DELLO STATO
Dal 7 MAGGIO - RECENSIONE - NOMINATION agli OSCAR 2015 come 'MIGLIOR FILM STRANIERO' (Russia); NOMINATION ai BAFTA 2015 come 'MIGLIOR FILM STRANIERO' (Russia) - VINCITORE del GOLDEN GLOBE come 'MIGLIOR FILM STRANIERO' (Russia); Premio per la 'MIGLIORE SCENEGGIATURA' al Festival di Cannes 2014
Questa vicenda impressionò molto Zviagsetsev, tanto da pensare seriamente di realizzare una versione per il cinema in Unione Sovietica, con un racconto dettagliato degli eventi. Tornato in patria condivise il racconto con il suo amico e co-sceneggiatore Oleg Negin, suggerendogli di scrivere una storia su questo. Poco dopo, il regista si imbatte in un racconto scritto da Heirinch von Kleist, Michael Kohlhaas, un testo nel quale una storia molto simile alla vicenda di Heemeyer è raccontata come una cronaca medievale ambientata ai tempi di Martin Lutero.
È una storia eterna, l’origine della quale può essere cercata nella storia biblica del calvario di Giobbe. La storia del conflitto tra l’individuo e l’autorità è universale. Ma è visibile anche un altro riferimento, il lavoro del filosofo del XVII secolo Thomas Hobbes. È da questi racconti e da queste idee che si è sviluppata la struttura di Leviathan.
Nell’inverno del 2010 Oleg Negin ultimò la prima bozza della sceneggiatura intitolata Dad. Questa versione è ambientata in Russia ma ripropone la tragica vicenda americana inclusa la furia del protagonista. Ma la sceneggiatura era piena di parolacce non gradite al produttore del film che impedì al progetto di proseguire.
La seconda versione del progetto, intitolata Leviathan, fu completata durante il 2012 e prende spunto contemporaneamente dalla vicenda americana, dalla storia biblica di Giobbe e dal trattato di filosofia di Thomas Hobbes, Leviathan or the Matter, Forme and Power of a Common Wealth Ecclesiasticall and Civil.
Zvyagintesv ha utilizzato per Leviathan molti più attori che in qualsiasi altro suo film. Sono presenti otto personaggi principali, quindici personaggi in tutto, tutti coinvolti nella dramma del film. Il casting è durato circa un anno.
Per trovare il set per il film il team creativo ha valutato circa 70 paesi e città in un arco di 600 chilometri da Mosca, viaggiando da Pskov a Vladimir, da Yaroslavl a Orel, fino a Belarus. La scelta finale è caduta su il villaggio di Teriberka, collocato sulla costa del Mare di Barents ( nel Mar Glaciale Artico).
Trovata la location si è proceduto a costruire il set, la casa di Kolya, una costruzione a due piani in legno, con un’officina e una veranda.
Lo scheletro della balena blu, pesa una tonnellata e mezza e misura 24 metri. È stata costruita dagli attrezzisti intorno ad una struttura metallica su indicazioni dello scenografo Andrey Ponkratov. È stata assemblata nella baia vicino Teriberka in 6 giorni.
Cast: Elena Lyadova (Lilya) Vladimir Vdovichenkov (Dmitri) Aleksey Serebryakov (Kolia) Anna Ukolova (Angela) Aleksey Rozin (Pacha) Roman Madyanov (Vadim Cheleviat) Sergey Pokhodaev (Roma) Lesya Kudryashova (Yulya) Aleksey Pavlov (Konvoir) Sergey Bachurskiy (Stepanych)
Musica: Philip Glass; Andrey Dergachev (suono)
Costumi: Anna Bartuli
Scenografia: Andrej Ponkratov
Fotografia: Mikhail Krichman
Montaggio: Anna Mass
Makeup: Galiya Ponomareva
Casting: Elina Ternyaeva
Scheda film aggiornata al:
26 Maggio 2015
Sinossi:
IN BREVE:
Kolia vive in una piccola città sul Mare vicino a Barents, nel nord della Russia. Gestisce un'officina vicino alla casa in cui vive con la sua giovane moglie Lilya e il figlio Roma avuto da un precedente matrimonio. Vadim Cheleviat, il sindaco della città vuole acquistare il terreno di Kolia, la sua casa e il suo negozio, ma Kolya non può sopportare l'idea di perdere tutto ciò che possiede, non solo il terreno, ma anche la bellezza che lo circonda fin dalla nascita. Allora Vadim Cheleviat diventa più aggressivo...
SYNOPSIS:
In a Russian coastal town, Nikolai is forced to fight the corrupt mayor when he is told that his house will be demolished. He recruits his old Army friend to help, but the man's arrival brings further misfortune for Kolya and his family.
On the outskirts of a small coastal town in the Barents Sea, where whales sometimes come to its bay, lives an ordinary family: Nikolai (Aleksey Serebryakov), his wife Lilya (Elena Lyadova) and their teenage son Romka. The family is haunted by a local corrupted mayor (Roman Madyanov), who is trying to take away the land, a house and a small auto repair shop from Nikolai. To save their homes Nikolai calls his old Army friend in Moscow (Vladimir Vdovichenkov), who has now become an authoritative attorney. Together they decide to fight back and collect dirt on the mayor.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Marine come quelle che troneggiano in apertura di questo sofisticatissimo e filosofico spaccato individuale, familiare e socio-politico, venato di una spiritualità altra che oltrepassa il dogma - non prima di aver sferrato diversi fendenti in punta di legittima ed aspra critica - se ne vedono raramente anche nelle migliori pinacoteche che conservano sempre qualcosa di spiccatamente nordico. Qui, nel Leviathan (Golden Globe per il 'Miglior Film Straniero' 2015) di Andrey Zvyagintsev (già Leone d'Oro alla 60. Mostra del Cinema di Venezia per The Return-Il Ritorno), a darci l'idea in celluloide di un sito ubicato nella Russia del Nord, il villaggio di Teriberka sulla costa del Mare Barents nel Mar Glaciale Artico, i cui scorci 'austeri', quasi 'monastici', con scogliere a picco sul mare, spettacolari giochi di luci e ombre di marca 'crepuscolare' anche nelle migliori albe mattutine, sono immortalati in un 'maquillage al naturale' dalla fotografia di Mikhail Krichman. Uno
scenario protagonista a tutto tondo, in intima comunione con il primo personaggio Kolia (un immenso Aleksey Serebryakov) e con gli altri che gli ruotano attorno, tutti, nessuno escluso, assolutamente padroni di quel genere di levatura attoriale semplicemente superba, tale da lasciare senza parole. In quegli scorci di incantevole natura, rude e ispida come i caratteri dei suoi abitanti, fin dai primi fotogrammi scorgiamo alcuni relitti di imbarcazioni. E di lì a poco quell'imponente scheletro di balena blu arenato nella baia vicino Teriberka, assurto ad emblematico simbolo nella locandina del film. Non si tratta solo di veri e propri quadri d'autore, di una bellezza ammaliante che inquieta, ma di simboli metaforicamente connessi a quel che resta dell'umanità di un individuo privato della sua libertà . Reso schiavo da un sistema di Stato. Simboli della sconfitta in lotte impari. E di bei sogni infranti sugli spigoli più acuminati di quelle stesse scogliere.
Uomo
e Stato. Vivere come uno schiavo o vivere come un uomo libero. Misura del raggio del Potere. Senso di giustizia e significato di Dio. Il proprio senso di giustizia e il proprio significato di Dio. Sono queste le ambiziosissime coordinate tracciate da Andrey Zvyagintsev nell'emisfero Leviathan. Una storia eletta a simbolico portavoce di molte altre. Una storia eterna che sgorga primigenia dal biblico calvario di Giobbe, come espresso a chiare lettere in una delle sequenze più potenti e significative del film, e che si consuma nel breve scambio di battute tra Kolia e il sacerdote di fede ortodossa del luogo. Una di quelle conversazioni, tra le varie in Leviathan, che danno legittimo credito al Premio come Migliore Sceneggiatura vinto a Cannes 67, scritta a quattro mani dallo stesso regista Andrey Zvyagintsev con Oleg Negin. La storia universale del conflitto tra Individuo e Autorità che si intreccia con fonti altre, come
il trattato del filosofo del XVII secolo Thomas Hobbes Leviathan or the Matter, Forme and Power of a Common Wealth Ecclesiasticall and Civil, e quella contemporanea di un saldatore del Colorado (vedi i dettagli alla voce 'Soggetto' nella Scheda Film). Così, attraverso il moderno calvario di Kolia, Andrey Zvyagintsev misura l'idea di libertà dell'individuo di restare padrone della propria vita. Nello specifico, costruita negli anni non senza sacrificio in quel preciso luogo, in quella precisa casa: una costruzione in legno, eretta su due piani, corredata di officina e veranda. Con un figlio a carico (il Roma di Sergey Pokhodaev) e una nuova moglie (la Lilya di Elena Lyadova) dopo aver perduto la prima. Idea di libertà destinata a trasformarsi in relitto tanto quanto il suo ideatore. Procedendo sicuro e implacabile, Andrey Zvyagintsev avanza senza falsi pudori per offrirci un vero e proprio, esemplare, distillato dello scontro ripetuto ad oltranza su
più fronti, tra il nostro protagonista (l'individuo) con l'Autorità , il sistema giudiziario, politico ed ecclesiastico del luogo. Tutti solidali a danno del protagonista, nel modo più sleale, illecito e illegale, proprio nel cuore della legge e delle istituzioni che l'individuo dovrebbero tutelare. Scenario in cui si fa presto largo un altro simbolo del potere che in Leviathan fa capo al Vadim Cheleviat di Roman Madyanov, quello che, ossessionato dall'essere rieletto a nuove elezioni, trova sempre in modo e maniera di trovarsi nella privilegiata condizione di far la voce grossa. Non fa differenza se in condizioni di parziale sobrietà o in grave stato di ubriachezza.
Sull'autentica schiettezza di Andrey Zvyagintsev non si discute. Senza troppi peli sulla lingua pone alle spalle del famigerato simbolo del potere Vadim, nel proprio ufficio, un quadro che ritrae l'attuale Presidente della Repubblica federale Russa Vladimir Vladimirovič Putin, mentre ai ritratti dei politici del passato riserva
un servizio speciale, con il 'tiro al bersaglio' nel bel mezzo di un picnic. Qui gli è sufficiente l'ammiccamento dopo la raffica di spari alle bottiglie. Ma vi sono momenti, dove dell'ammiccamento non sa che farsene, e che per celebrarne tutta la tagliente potenza drammatica muove la macchina da presa dall'interno, ora mirando alla visione appannata e trasversa che si traduce dal vetro di un'auto con i tergicristalli in funzione in una grigia giornata di pioggia nordica, Talaltra facendo perno sul montaggio serrato a stretto giro di posta tra l'ispezione di polizia nella casa del protagonista e il successivo sventramento di quella stessa abitazione con il braccio della gru che irrompe spaventosamente nel ventre del prezioso scrigno di famiglia, fatto di stanze abitate da mobili, suppellettili, foto ricordo, e di momenti personali resi spettrali nel giro di pochi istanti. Immagini potenti tanto quanto i silenzi che dominano primi e primissimi