MOTEL: JOHN CUSACK SICARIO E FACCENDIERE, ROBERT DE NIRO DI NUOVO NEI PARAGGI DELLE SPIETATE E CRUDELI MAESTRANZE MALAVITOSE, IN MEZZO UNA FEMME FATALE COME REBECCA DA COSTA. INSIEME PER UNA SOLA GIORNATA E IN UN SOLO LUOGO. ED E' THRILLER NOIR!
RECENSIONE - Dal 26 FEBBRAIO
(The Bag Man; BAHAMAS/USA 2015; Thriller Noir; 108'; Produz.: Cinedigm/TinRes Entertainment; Distribuz.: Barter Entertainment)
Sceneggiatura:
David Grovic e Paul Conway dalla sceneggiatura originale di James Russo
Cast: John Cusack (Jack) Rebecca Da Costa (Rivka) Robert De Niro (Dragna) Crispin Glover (Ned) Dominic Purcell (Larson) Sticky Fingaz (Lizard) Martin Klebba (Guano) David Shumbris (Pike) Theodus Crane (Goose) Celesta Hodge (Janet)
Musica: Tony Morales e Edward Rogers
Costumi: Liz Staub
Scenografia: J. Dennis Washington
Fotografia: David Knight e Steve Mason
Montaggio: Devin Maurer e Michael R. Miller
Casting: Dean E. Fronk e Donald Paul Pemrick
Scheda film aggiornata al:
13 Marzo 2015
Sinossi:
IN BREVE:
Motel segue le vicende di Jack (John Cusack), un uomo duro, sfortunato, ma dal carattere sensibile, che viene assoldato da Dragna (alias Robert De Niro), un leggendario boss della malavita, per portare a termine un compito semplice ma alquanto inusuale. La trama ruota intorno all’attesa di Dragna, che ha convocato Jack e un manipolo di loschi personaggi in un luogo remoto, un angusto motel, per motivi sconosciuti. Durante quella lunga notte di angosciante attesa, Jack si imbatterà in Rivka (Rebecca Da Costa), una bellissima donna la cui vita si intreccerà in maniera insospettabile alla sua. L’attesa non durerà per sempre e l’apparizione di Dragna avrà delle conseguenze per tutti inaspettate ed estreme…
A criminal bides his time at a seedy motel, waiting for his boss after killing several men and making away with a mystery bag.
grezzo e sgraziato, condito con troppe spezie che paradossalmente non sono servite a regalare a Motel un gusto non dico gradevole, ma almeno armonioso.
L'ambizioso adattamento di Grovic dovrebbe tradire quel sottotesto indispensabile ad addensare la trama. E a ben guardare è anche possibile intravederlo, ma forse partono tanti di quei rivoli diretti verso il fiume, che finiscono per annodarsi l'uno con l'altro prima di arrivare a destinazione. Il risultato è che a un certo punto non si capisce più quale sia la vera direzione. Il flusso narrativo si rallenta, al punto da instillare una goccia dopo l'altra che, scozzando tra loro, rimbalzano prendendo direzioni opposte. L'infelice risultato è che la potenza narrativa si frantuma in tanti piccoli pezzi, dalla fredda e calcolata ironia che flirta con la parodia, agli umori surreali, grotteschi, quasi come nei ballon di certi comics o di qualche B-Movie di genere.
Ma Grovic, con il teatro in
testa, si affida volentieri ad una verbosità che persevera sulla dimostrazione della levatura culturale cui sa di appartenere. E questa volta la traduce direttamente nello script del film, a colpi di titoli di libri messi in bocca al boss Dragna di Robert de Niro, mai così ampolloso e barocco, anche per trucco e parrucco, colto, appunto, tanto mellifluo quanto violento, crudele e spietato nel modo più asetticamente distaccato. Personaggio che guarda ai trascorsi in celluloide meno gloriosi e più commerciali di De Niro a cavallo del suo campionario di boss più o meno mafiosi, prima di approdare a questo, declinato sull'inedita nota del quasi lezioso, più che dell'oscuro, che sta in scena giusto il tempo necessario per fare da contraltare al nucleo narrativo condensato nella lunga attesa di una notte, nella squallida stanza di un motel. Non una stanza a caso, la numero 13, naturalmente. Ora dal momento che il
principale interlocutore del Dragna di De Niro è John Cusack, nei panni del fedele scagnozzo Jack che lavora su sue commissioni, il sospetto dell'autocitazionismo sorge spontaneo. Se ben ricordate a John Cusack le stanze d'albergo hanno già creato qualche problemino di altra natura: in passato (2007) è stata la 1408 (film ispirato a un racconto di Stephen King, e diretto da Mikael Håfström), oggi è la n. 13 (quella che nessuno sceglierebbe mai!) del Motel di David Grovic. Ma non è tutto. Se Cusack si mostra recidivo con le stanze d'albergo, che dire di De Niro? Lui, invece, ha la fissa del 'cerchio della fiducia': ricorderete senza ombra di dubbio l'effervescente trittico - che ha conferito a Ben Stiller l'aureola di santo per diritto, per aver sopportato ad oltranza il martirio di un suocero come quello! - 'Ti presento i miei', 'Mi presenti i tuoi?' e 'Vi presento i nostri'!
Beh, anche De Niro torna oggi a calcare le sue stesse orme, propinando un'analoga solfa di fiducia e amicizia al povero 'smarrito' Jack/Cusack, cui tocca assecondare l'ironica filosofia. Premio partita, la sopravvivenza!
Ma a cavallo dell'autocitazionismo dei due protagonisti, c'è poi il citazionismo del regista, che si diletta, dopo aver menzionato il teatro greco, a flirtare con il 'pulp touch' di marca tarantiniana, limitandosi però a sfiorarne le coste e a non lasciarsi contaminare dallo 'splatter' dichiarato. Un 'pulp' ben inzuppato nelle cupe atmosfere - alle volte tanto cupe da non riuscire più a distinguere i contorni di cose e persone - talora dominate da patinate e colorate cromie ammiccanti alla David Lynch. E che dire del concierge del motel che sbuca sempre in un modo alquanto inquietante, che fa pendant con l'assurda e pedante insolenza con cui incalza il nostro protagonista Jack/Cusack che, dal canto suo, vuole solo guadagnare
il suo posto nella stanza n. 13? Un personaggio che sembra parafrasare letteralmente una specifica sequenza già vissuta nel capolavoro di John Carpenter, ispirato all'ultimo romanzo di una trilogia di Howard Phillips Lovecraft, In the Mouth of Madness - Il seme della follia (1993). Nota che sottoscrive la chiave grottesco-surreale venata di horror del Motel di Grovic. Fatta eccezione per qualche ritrosia, quasi un rigurgito di pudore, in cui, cercando forse una via principale nel labirinto in cui si è ficcato, Grovic torna sui passi più moderati del thriller noir, per snocciolare l'ennesima citazione che d'altra parte odora di bruciaticcio - come ripetere pari pari una sequenza cult di tal calibro?! - rapinando il macabro finale del Seven di David Fincher.
E che dire della pretestuosa 'femme fatale' - la Rivka di Rebecca Da Costa - capitata apparentemente per caso nei paraggi del Motel, con altri loschi figuri, evidenti pedine
di una tresca neppure troppo ben organizzata?! La faccia imbambolata del povero Jack/Cusack non è segno di cattiva recitazione, è un chiaro segnale di SOS per cercare di uscire dignitosamente illeso da un ginepraio tanto solidamente arroccato quanto lo sono un castello di carte in mezzo ad una tempesta di sabbia. Il crollo è immediato e scontato. Sulla cifra femminile in Motel poi, sarebbe bene stendere un velo pietoso! Una scena di violenza gratuita - un paio di pugni dati in pieno viso ad una giovane donna in errore sulla tabella di marcia del boss Dragna/De Niro - tanto per iniziare. Poi si prosegue, strada facendo, con lo stupro, sventato in extremis, ai danni di Rivka/Da Costa alla stazione di polizia: anche l'accenno alla sodomizzazione con la mazza flirta con le pagine più celebri di Stephen King. Non si dovrà attendere molto prima che si arrivi a condire il tutto
con le grossolane, e per giunta insipide battutacce, di Dragna/De Niro nei confronti delle donne, vedendo il tentennamento di Jack/Cusack in odore di innamoramento per Rivka/Da Costa: "Le donne sono tutte puttane... ti deluderanno sempre". Ogni commento si rende superfluo!
Che resta da dire?! Beh, tra il serio e il faceto - ed è questo il problema, manca una coerenza di stile! - il Motel di Grovic sembra un orso ferito che barcolla verso la deriva... e verso un improbabile finale... dove la 'gatta' di turno sa bene come schivare i tetti che scottano e scegliere altre spiagge...
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Barter Entertainment e l'Ufficio Stampa Barter Multimedia – Echo