I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Helen Mirren, colonnello militare dell'intelligence, conduce un'operazione remota con droni per rintracciare i terroristi a Nairobi, ma... - Uscito il 25 Agosto 2016
"Sono da tempo a conoscenza di vari aspetti della guerra dei droni avendo girato un film sulle attività militari americane, Rendition. Ho letto molto sull’argomento e continuo a tenermi aggiornato su quello che sta succedendo nelle forze armate occidentali, ma prima di girare Il diritto di uccidere ancora non avevo approfondito i temi legati ai cosiddetti omicidi mirati. Il copione di Guy Hibbert mi ha colpito da subito: Guy si è documentato andando anche a una grande fiera di armi a Parigi dove i droni erano ovunque e gli stessi militari gli spiegavano che non c’è mai stato un vero dibattito pubblico su questa nuova forma di guerra. L’aspetto più brillante della sua sceneggiatura sta proprio nel non essere semplicistica e nell’essere capace di invitare lo spettatore a un confronto genuino. I dilemmi che i personaggi sono costretti ad affrontare sono reali e non facilmente risolvibili e le riposte che provano a dare sono profondamente umane, permettendo al pubblico una connessione emotiva con quello che accade. Come regista cerco sempre di non fare prediche, piuttosto di presentare delle domande in una forma cinematografica tesa e viscerale, che appassioni lo spettatore e al tempo stesso sfidi le sue nozioni di bene e male".
Il regista Gavin Hood
(Eye in the Sky; REGNO UNITO 2015; Thriller drammatico di guerra; 102'; Produz.: Moonlighting Films/Raindog Films/eOne Productions; Distribuz.: Teodora Film)
Cast: Helen Mirren (Colonnello Katherine Powell) Aaron Paul (Steve Watts) Alan Rickman (Tenente Generale Frank Benson) Iain Glen (Ministro degli Esteri James Willett) Kim Engelbrecht (Lucy Galvez) Barkhad Abdi (Jama Farah) Phoebe Fox (Carrie Gershon) Babou Ceesay (Sergente Mushtaq Saddiq) Lex King (Susan Helen Danford) Richard McCabe (Procuratore Generale George Matherson) Francis Chouler (Jack Cleary) Jeremy Northam (Brian Woodale) Monica Dolan (Angela Northman) Jessica Jones (Kate Barnes) Daniel Fox (Tom Bellamy) Cast completo
Carl Beukes (Sergente Mike Gleeson) John Heffernan (Maggiore Harold Webb) Tyrone Keogh (Sammy) Kenneth Fok (Chris Lee) Aisha Takow (Alia Mo'Allim)
Musica: Paul Hepker e Mark Kilian
Costumi: Ruy Filipe
Scenografia: Johnny Breedt
Fotografia: Haris Zambarloukos
Montaggio: Megan Gill
Effetti Speciali: Mickey Kirsten (supervisore)
Casting: Deborah Aquila, Kate Dowd e Moonyeenn Lee
Scheda film aggiornata al:
14 Agosto 2024
Sinossi:
IN BREVE:
Il colonnello Katherine Powell (Helen Mirren), militare dell'intelligence, conduce un'operazione remota con droni per rintracciare i terroristi a Nairobi. Tuttavia, quando si scopre che questi si stanno preparando per una missione suicida, si decide che si deve intervenire in maniera diversa. I problemi sorgono nel momento in cui il pilota Steve Watts (Aaron Paul) vede una bambina di nove anni camminare a destra dell'obiettivo da colpire e chiede ordini sul da fare ai superiori, incluso il ministro degli esteri.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Operazione per catturare, non per uccidere, il vostro compito è essere un occhio nel cieloâ€
Ed ecco che si torna su un argomento spinosissimo. Lo aveva già fatto Andrew Niccol con il suo Good Kill (2016), in cui, a tormentarsi sul dilemma c’era un intenso Ethan Hawke nelle vesti del Maggiore Thomas Egan. E lo spinosissimo argomento abbraccia la nuova ‘professione’ del pilota di droni che combatte la guerra a distanza, seduto ad una postazione digitale, laddove è sufficiente premere un pulsante per annientare l’obiettivo. Il problema non è tanto la cellula terrorista che di solito è il bersaglio da cercare ed eliminare senza troppo scrupoli di coscienza. Il problema sono quelli che in gergo militare sono definiti ‘danni collaterali’, ma che in pratica corrispondono a perdite di vite umane innocenti, semplici civili che, per malaugurata sorte, si trovano per l’appunto nei paraggi dell’area sensibile in cui si è circoscritto il
bersaglio. E quando nei danni collaterali ci sono bambini? Foss’anche una bambina soltanto? Che si fa?
Ecco, il nuovo Eye in the Sky (Il diritto di uccidere) di Gavin Hood (Rendition), che dal suo punto di vista riprende lo stesso argomento di Andrew Niccol, mette il dito nella piaga di questo dilemma: la maggior parte del film argomenta a vario titolo e livello su ‘cosa si fa?’ in quel caso, o, per meglio dire, ‘cosa non si fa’, o almeno, cosa non andrebbe fatto. Colpiscono le prime scene in cui una giovane donna inforna il pane-focaccia, senza lievito. Esattamente il cibo che una bambina di nove anni - un volto bello ed espressivo come il sole che meglio non potevano scegliere per fare più male al cuore! - di lì a poco venderà su un banchetto ai passanti. Un apparente distaccamento narrativo prima di scoprire che invece è esattamente la chiave
di volta di tutto il film.
E al servizio di questo impietoso sguardo sui retroscena della guerra contemporanea Gavin Hood ha chiamato all’appello un cast d’eccezione, capitanato da una sorprendente e sconcertante Helen Mirren - in un ruolo prettamente maschile e inedito nella sua carriera - e il compianto Alan Rickman. Protagonista è per l’appunto il Colonnello britannico Katherine Powell di Helen Mirren - impeccabile come al solito anche in interpretazioni particolarmente scomode ed urticanti come questa - che dirige a distanza un’operazione contro una cellula terroristica a Nairobi. Il suo ‘occhio’ sul campo è un drone pilotato in Nevada dal giovane ufficiale Steve Watts (Aaron Paul): drone che trova applicazioni meccaniche integrative in sorprendenti marchingegni dalla forma di colibrì o persino di piccolo scarabeo, ideale per entrare nelle stanze interne di un edificio.
Sei anni dietro ad un obiettivo e quando viene individuato la naturale tendenza militare è quella
in una drammatica serie di eventi che fa inevitabilmente precipitare la situazione.
Per una volta forse il titolo italiano riassume meglio il nocciolo della questione rispetto all’originale, e impone fin da subito quella equazione di riflessione che il film sviscera nei fatti: Il diritto di uccidere è la questione, ed è anche il punto di domanda cui la regia non se la sente di non dare la sua risposta. Quale diritto? E la sua risposta è nell’obiettivo puntato su quella bambina, che sul filo della memoria, ma viva come la realtà vera, gioca ancora, come all’inizio, a danzare con quel cerchio basculante intorno alla vita: gli albori di un hula hop in via di perfezionamento. Un danno collaterale accettabile? Un solo numero di contro alle potenziali vittime, tra cui evidentemente anche bambini, nell’attentato kamikaze in pelle, magari in un supermercato? Sta a noi ora dare la risposta.