La rivisitazione in chiave 'live action' del celebre classico d’animazione Disney - RECENSIONE ITALIANA IN ANTEPRIMA e Preview in English by Owen Gleiberman (www.variety.com) - Dal 16 Marzo
"È davvero un onore poter creare un film che renda omaggio all’originale e che al tempo stesso ne offra una versione modernizzata. Ma è anche un compito piuttosto arduo. Si tratta di una storia che negli anni ha preso molte forme ed è stata raccontata in molteplici lingue diverse: avere l’opportunità di lavorare con tecnologie all’avanguardia e un cast così meraviglioso è davvero una benedizione. Spero che, trattandosi di un film così amato, saremo in grado di dare delle risposte a domande che i fan non sapevano nemmeno di avere su Belle e sulla Bestia, e su come sono diventati le persone che sono"
Il regista Bill Condon
(Beauty and the Beast; USA 2017; Musical fantastico; 123'; Produz.: Mandeville Films/Walt Disney Pictures; Distribuz.: Walt Disney Studios Motion Pictures)
Sceneggiatura:
Stephen Chbosky ed Evan Spiliotopoulos
Soggetto: Dalla classica fiaba Disney La Bella e la Bestia che, con il suo potente messaggio secondo cui la vera bellezza si trova dentro di noi, ha avuto origine nella Francia del XVIII secolo.
PRELIMINARIA - La scenografia:
Più di 1000 persone hanno lavorato 24 ore su 24 per costruire e decorare gli imponenti set, regalando al film un’incredibile quantità di opere artigianali. La production designer candidata a quattro premi Oscar® Sarah Greenwood era alla ricerca di uno stile europeo senza tempo, nella tradizione delle grandi epopee romantiche hollywoodiane. Gli scenografi hanno trascorso diversi mesi a studiare l’architettura e il design d’interni del XVIII secolo per creare il castello del Principe/Bestia. Alla fine hanno utilizzato una combinazione di vari stili architettonici, ispirandosi principalmente al Rococò francese, uno stile utilizzato prevalentemente in Francia nella prima metà del 1700. Il design del pavimento dell’iconica sala da ballo è invece ispirato a un motivo presente sul soffitto dell’abbazia benedettina di Braunau, in Germania. L’ala ovest, nella quale la Bestia si ritira spesso, è l’epicentro dell’incantesimo e il suo design rispecchia il Barocco Italiano, che ha un aspetto più sinistro e oscuro, mentre il design della biblioteca del castello è basato su quello di una celebre biblioteca che si trova in Portogallo.
Effetti Speciali: Gareth Wingrove (co-supervisore); Simon Paraskevas e Jamie Seymour
Casting: Lucy Bevan
Scheda film aggiornata al:
10 Aprile 2017
Sinossi:
In breve:
La storia racconta il fantastico viaggio di Belle, giovane donna brillante, bellissima e dallo spirito indipendente che viene fatta prigioniera dalla Bestia e costretta a vivere nel suo castello. Nonostante le proprie paure, Belle farà amicizia con la servitù incantata e imparerà a guardare oltre le orrende apparenze della Bestia scoprendo l’anima gentile del Principe che si cela dentro di lui.
Synopsis:
An adaptation of the Disney fairy tale about a monstrous-looking prince and a young woman who fall in love.
Disney's animated classic takes on a new form, with a widened mythology and an all-star cast. A young prince, imprisoned in the form of a beast, can be freed only by true love. What may be his only opportunity arrives when he meets Belle, the only human girl to ever visit the castle since it was enchanted
Commento critico (a cura di FRANCESCO ADAMI)
La Bella e La Bestia (2017) diretto da Bill Condon e prodotto dalla Walt Disney Pictures, è un musical live action ispirato all'omonimo cartoon del 1991. Belle (Emma Watson), una giovane intraprendente ragazza, finisce prigioniera in un castello maledetto da un incantesimo effettuato da una maga (Hattie Morahan) che ha tramutato il Principe in una Bestia (Dan Stevens). Nel piccolo paese di Belle, l'arrogante corteggiatore Gaston (Luke Evans), assieme al suo fedele amico LeTont
(Josh Gad), cercano in tutti i modi di organizzare un piano per fare in modo che Gaston possa sposare Belle ed internare Maurice (Kevin Kline), il padre della ragazza. Dimorando nel castello, nonostante il coraggio e le numerose difficoltà iniziali, Belle riesce a fare amicizia con i servitori incantati ed impara a guardare oltre l'aspetto fisico e la collera ferina della Bestia. Così, attraverso il dialogo e il rispetto, riuscirà a far riaffiorare il sentimento amorevolmente umano
nel cuore della Bestia.
Il regista Bill Condon, avendo una conoscenza ampia dei musical, soprattutto quelli americani, ha
cercato di trasporre in questo film la storia del cartoon in un mondo reale, e per far ciò si è avvalso dell'aiuto di un cast artistico e tecnico d'eccezione. Ewan McGregor, interpreta Lumière, il valletto francese del Principe tramutato in candelabro, mentre Ian McKellen è Tockins, l'ingessato maggiordomo trasformato in un orologio. I due personaggi cercano in tutti i modi di rendere vivace e vivibile il castello. L'attrice
Emma Thompson è impegnata nell'importate ruolo di Mrs. Bric, una governante di origini inglesi mutata in teiera che, occupandosi del piccolo Chicco (Nathan Mack), cerca sempre di essere dedita alle esigenze e ai bisogni della Bestia. Il ruolo di Belle affidato ad Emma Watson è ben strutturato non tanto per la bellezza fisica quanto per la sua graziata parvenza, lieta armoniosità ed espressiva vocalità canora. La
performance della Bestia da parte dell'attore Dan Stevens è rivestita da una irrompente fisicità graficamente elaborata, che, in parte, ne offusca l'impegno interpretativo.
Sicuramente molto importanti in questo lungometraggio sono le composizioni melodiche strutturate a livello drammaturgico. Nuove canzoni scritte da Alan Menken e Tim Rice raccontano ulteriori parti della storia, portando moderne angolazioni narrative ed una innovativa sequenza, nella quale la Bestia canta in preda alla sofferenza dopo aver lasciato libera Belle per farle raggiungere il padre.
Un ruolo chiave per la riuscita del film è l'aspetto tecnico, senza il quale non sarebbe stato possibile realizzare un'opera come questa. Le riprese principali del film sono state girate nell'estate del 2015 presso gli Shepperton Studios di Londra e nel
Regno Unito: le ambientazioni, curate da Sarah Greenwood con il suo team, sono state ricreate su un set di larga scala sviluppato in ben 27 teatri di posa. Più di 1000 persone
hanno lavorato 24 ore su 24 per costruire e decorare i colossali set, mentre gli scenografi hanno trascorso diversi mesi a studiare l'architettura e il design d'interni del 18°secolo per creare il castello del Principe/Bestia. La sala da ballo è una delle ambientazioni più colossali, il pavimento è stato realizzato con 1114 m² di finto marmo e il suo design è ispirato ad un motivo presente sul soffitto dell'abbazia benedettina di Braunau in Germania. Anche la foresta incantata che circonda il castello della Bestia è stata creata in studio, allestita con veri alberi, siepi e un lago ghiacciato, per la grandezza di circa 900 m².
Altrettanto lodevole e importante è il lavoro svolto dalla costumista Jacqueline Durran che ha ideato personalmente gli abiti di tutti i personaggi del film: il più caratteristico è quello di Belle, indossato durante il ballo, creato con vari strati di organza in seta di colore
giallo, tagliata in una forma circolare che ha richiesto oltre 914 metri di fili. Per la realizzazione di elementi come il candeliere e l'orologio, il produttore degli effetti visivi Steve Gaub, collaborando con il team dei visual effects, si è avvalso della tecnologia chiamata 'rapid prototyping' che, una volta realizzato un modello computerizzato 3D, permette di trasformarlo in un oggetto in resina poliestere. Inoltre, il team degli effetti visivi ha sfruttato la performance capture per dare espressività alla Bestia, interpretata da Dan Stevens. L'attore ha recitato indossando dei trampoli, una tuta prostetica con muscoli finti e con una calzamaglia frattale grigia con degli indicatori per la cattura del movimento e del posizionamento nello spazio virtuale. Oltre la performance capture è stata infine utilizzata la tecnologia MOVA facial capture, utile all'attore Stevens per registrare in uno studio separato le varie interpretazioni espressive del personaggio. Sottoposto ad un make up fosforescente,
che appariva blu quando era illuminato dalle lampade ad ultravioletti, l'attore è stato ripreso da svariate telecamere posizionate attorno a lui, allo scopo di riprendere in primissimo piano ogni singolo movimento del volto. Nella fase successiva il software MOVA ha convertito l'interpretazione in dati utili alla creazione dell'espressività della Bestia.
La Bella e la Bestia diventa così uno spettacolo visivo che raggiunge facilmente la sfera emozionale dello spettatore, coinvolgendolo nella ritmica della storia, orchestrata in un'ambientazione fantastica dal notevole impatto realistico. La magia della favola si intreccia con l'arte della tecnica e lo spettacolo è assicurato.
Secondo commento critico (a cura di Owen Gleiberman, www.variety.com)
Disney's live-action remake of its 1991 animated classic, starring Emma Watson as a pitch-perfect Belle, is a sometimes entrancing, sometimes awkward mixture of re-creation and reimagining.
You could say that the notion of turning beloved stories and characters into brands was invented by Walt Disney. He built his empire on the image of Mickey Mouse (who made his debut in 1928), but Disney really patented the brand concept in 1955, with the launch of Disneyland, where kids could see old familiar characters — Mickey! Snow White! — in a completely different context, which made them new. Twenty-three years ago, the Broadway version of “Beauty and the Beast†(followed three years later by the Broadway version of “The Lion Kingâ€) introduced a different form of re-branding: the stage-musical-based-on-an-animated-feature. Now the studio is introducing a cinematic cousin to that form with the deluxe new movie version of “Beauty and the Beast,â€
a $160 million live-action re-imagining of the 1991 Disney animated classic. It’s a lovingly crafted movie, and in many ways a good one, but before that it’s an enraptured piece of old-is-new nostalgia.
There’s a lot riding on “Beauty and the Beast.†Given its sheer novelty value (the live-action “Cinderella†released by Disney in 2015 wasn’t really cued to the 1950 cartoon version), the picture seems destined to score decisively at the box office. But the larger question hanging over it is: How major — how paradigm-shifting — can this new form be? Is it a fad or a revolution? Disney already has a live-action “Lion King†in the works, but it remains to be seen whether transforming animated features into dramas with sets and actors can be an inspired, or essential, format for the future.
Going into “Beauty and the Beast,†the sheer curiosity factor exerts a uniquely intense lure. Is
the movie as transporting and witty a romantic fantasy as the animated original? Does it fall crucially short? Or is it in some ways better? The answer, at different points in the film, is yes to all three, but the bottom line is this: The new “Beauty and the Beast†is a touching, eminently watchable, at times slightly awkward experience that justifies its existence yet never totally convinces you it’s a movie the world was waiting for.
A good animated fairy tale is, of course, more than just a movie — it’s a whole universe. The form was invented by Disney eighty years ago, with “Snow White and the Seven Dwarfs†(1937), a film I still think has never been surpassed, and when you watch something as transporting as “Snow White†— or “Bambi,†or “Toy Story,†or “Beauty and the Beast†— every gesture and background and choreographed flourish, from
the facial expressions to the drip-drop of water, flows together with a poetic unity. That’s the catchy miracle of great animation.
When you watch the new “Beauty and the Beast,†you’re in a prosaic universe of dark and stormy sets, one that looks a lot like other (stagy) films you’ve seen. The visual design, especially in the Beast’s majestic curlicued castle, is gentrified gothic — Tim Burton de-quirked. At the beginning, when Belle (Emma Watson) walks out of her house and wanders through the village singing “Belle,†that lovely lyrical meet-the-day ode that mingles optimism with a yearning for something more, the shots and beats are all in place, the spirit is there, you can see within 15 seconds that Emma Watson has the perfect perky soulfulness to bring your dream of Belle to life — and still, the number feels like something out of one of those overly bustling big-screen
musicals from the late ’60s that helped to bury the studio system. It’s not that the director, Bill Condon (“Dreamgirls,†“The Twilight Sagaâ€), does anything too clunky or square. It’s that the material loses its slapstick spryness when it’s not animated. The sequence isn’t bad, it’s just…standard.
That’s true of most of the first part of the movie, right up until the point when Belle rescues her kindly inventor father, Maurice (Kevin Kline), from the Beast’s castle — where he’s being held prisoner for having assaulted a flower — by trading places with him. Belle, a wistful bookworm, is the odd girl out in her village, and she has already brushed off several encounters with Gaston (Luke Evans), the duplicitous hunk who became a new Disney archetype (in “Frozen,†etc.): the handsome, big-chinned, icky monomaniacal two-faced suitor. On first meeting, however, the Beast seems nearly as dark. He’s a prince who
was cursed and turned into a monster for having no love in him, and the best thing about the movie — as well as its biggest divergence from the animated version — is that he’s a strikingly downbeat character, a petulant and morose romantic trapped in a body that makes him feel nothing less than doomed.
He’s played by Dan Stevens, a British actor who out of makeup looks like a bland version of Ryan Gosling, but the makeup and effects artists have done an extraordinary job of transforming him into a hairy hulking figure with ram horns, the face of a saddened lion having an existential meltdown, and the voice of Darth Vader channeling Hugh Grant. Visually, the characterization makes a nod to the scowling-eyed Beast from Jean Cocteau’s immortal “Beauty and the Beast†(1946), but he also comes off as a kind of royal version of the Elephant Man:
a melancholy freak trapped in solitude. I loved that for a good long while, he’s a bit of a hard-ass, a man-creature who doesn’t dare to think that Belle could love him. But then, under her gaze, he begins to soften, and his transformation is touching in a more adult way than it was in the animated version. The romance there was benign; here, it’s alive with forlorn longing.
Which is to say, the new “Beauty and the Beast†is not as kid-friendly a movie. It tries to be in certain sequences, notably those featuring Lumière the candelabra (voiced by Ewan McGregor), Cogsworth the pendulum clock (Ian McKellen), and Garderobe the wardrobe (Audra McDonald) — all of whom are basically tactile, live-action animated characters. The “Be Our Guest†musical number scrupulously revives the dancing-plate surreal exuberance of the original, but there the frenetic nuttiness was exquisite. Here it tips between exhilarating
and exhausting, because you can feel the special-effects heavy lifting that went into it.
I keep comparing “Beauty and the Beast†to the animated version, which raises a question: Is that what we’re supposed to be doing? Or should the film simply stand on its own? The movie wants to have it both ways, but then, that’s the contradictory metaphysic of reboot culture: We’re drawn in to see the old thing…but we want it to be new. The live-action “Beauty and the Beast†is different enough, and certainly, if you’ve never experienced the cartoon, it’s strong enough to stand on its own. (Josh Gad, incidentally, plays Gaston’s worshipful stooge Le Fou as maximally silly and fawning, but I must have missed the memo where that spells “gay.â€) Yet it’s not really that simple, is it? The larger fantasy promoted by a movie like this one is that we’ll somehow see an
animated feature “come to life.†And that may be a dream of re-branding — shared by studio and audience alike — that carries an element of creative folly. Animation, at its greatest, is already a glorious imitation of life. It’s not clear that audiences need an imitation of the imitation.