I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - Tra i più attesi!!! - RECENSIONE - 78. Mostra del Cinema di Venezia (Fuori Concorso, proiezione il 3 Settembre) - Dal regista di Blade Runner 2049, Denis Villeneuve, un nuovo adattamento dal classico cult Sci-Fi Dune, che segue quello di David Lynch del 1984, entrambi ispirati dal best seller di Frank Herbert. E con questo film Villeneuve conta la sua terza incursione nel genere Sci-Fi, dopo Arrival e il su citato Blade Runner 2049 - Dal 16 Settembre
Nell'Undicesimo millennio, l'umanità è diffusa nell'universo con un sistema politico feudale: il potere è retto da una monarchia con dei potenti casati in lotta. L'universo conosciuto è governato dall'imperatore Padishah Shaddam IV e al centro di questo sistema si trova il pianeta desertico Arrakis, luogo di origine della Spezia, una sostanza che prolunga la vita, accresce la conoscenza e permette ai mostruosi piloti della Gilda spaziale, la corporazione dei trasporti, di attraversare l'universo sfruttando le curvature spazio-temporali.
Il navigatore della gilda ordina quindi all'Imperatore di uccidere il figlio del duca Leto, Paul Atreides, un giovane che ha visioni profetiche in quanto è legato ad un secolare programma portato avanti dalla Sorellanza, una confraternita di sacerdotesse che crede nella venuta di un Eletto.
Gli Atreides sono consapevoli della trappola tesa dai nemici e dal sovrano ma contano su una loro invenzione, il Modulo Estraniante, un'arma potentissima basata sul suono. Giunti sul pianeta Dune scoprono che i nativi di Arrakis sono i Fremen, un popolo misterioso che da lungo tempo ha profetizzato la venuta di un messia che li condurrà alla libertà . Ne esistono un gran numero e potrebbero dimostrarsi potenti alleati. Il duca Leto inizia a guadagnare la fiducia dei Fremen, ma prima che possa essere stabilita un'alleanza, gli Harkonnen lanciano il loro attacco. Il traditore degli Harkonnen all'interno di Casa Atreides, il dottor Wellington Yueh, medico personale di Leto, disabilita gli scudi critici e distrugge le armi soniche, lasciando gli assediati indifesi.
Morto il Duca Leto, suo figlio Paul e la madre di quest'ultimo, Lady Jessica riescono a fuggire, per unirsi al popolo nomade dei Fremen, in grado di sopravvivere al clima ostile del pianeta e di cavalcare i giganteschi vermi delle sabbie. Essi hanno atteso a lungo la venuta di un Messia, il Mahdi, che li guidi, dopo secoli di persecuzioni, in una sanguinosa jihad alla conquista del pianeta e di tutto l'impero, dato che come ben sanno l'imperatore, la Gilda e gli Harkonnen, "chi controlla la Spezia, controlla l'universo". Paul, conscio di essere lui l'Eletto che essi aspettavano, assume il nome Fremen Muad'Dib ed insegna ai Fremen a costruire e usare i moduli Estranianti.
Nella battaglia finale con l'Imperatore giunto su Arrakis, Paul lancia un attacco contro gli Harkonnen e i Sardaukar. Cavalcando sui vermi della sabbia e brandendo le loro armi sonore, i guerrieri Fremen sconfiggono facilmente l'imperatore. Una volta ad Arrakeen, Paul affronta l'Imperatore sconfitto e impegna Feyd-Rautha in un duello fino alla morte. Dopo aver ucciso Feyd, Paul dimostra i suoi nuovi poteri e adempie alla profezia dei Fremen facendo cadere la pioggia su Arrakis dopo millenni. I mostruosi vermi della sabbia vengono uccisi dalla pioggia e sua sorella Alia lo dichiara essere il "Kwisatz Haderach", ovvero il Messia atteso.
Short Synopsis:
Feature adaptation of Frank Herbert's science fiction novel, about the son of a noble family entrusted with the protection of the most valuable asset and most vital element in the galaxy.
A mythic and emotionally charged hero's journey, "Dune" tells the story of Paul Atreides, a brilliant and gifted young man born into a great destiny beyond his understanding, must travel to the most dangerous planet in the universe to ensure the future of his family and his people. As malevolent forces explode into conflict over the planet's exclusive supply of the most precious resource in existence-a commodity capable of unlocking humanity's greatest potential-only those who can conquer their fear will survive
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Il Pianeta Arrakis è così bello quando il sole è basso, a volute sulla sabbia, si vede la spezia nell’aria (Ma…) Al calar della sera … “
Trattandosi di un remake, la storia è scritta. Ma se per il nuovo adattamento del classico Sci-Fi Dune - che segue quello di David Lynch del 1984, entrambi ispirati dal best seller di Frank Herbert - già nato all’origine come tomo di ben 700 pagine - viene chiamato all’appello un regista come Denis Villeneuve, qui alla sua terza incursione dopo il capolavoro Arrival e Blade Runner 2049, la cosa si fa interessante. E le aspettative montano di conseguenza come l’albume a neve. Sembra che le sfide di gran calibro attirino Villeneuve a calamita. Il passo più azzardato lo aveva già fatto con Blade Runner. Non è stata davvero cosa da poco rimettere le mani in pasta per un seguito ad un cult sci fi
di tale portata! Ma il cineasta ne ha di colpi in canna! Eppure, il suo Dune, pur avendo moltissimi pregi, non può essere considerato, a nostro avviso, la sua opera migliore.
Lo scenario è sempre quello di una storia incastonata in un sistema feudale che domina l’universo. Si guarda dunque al futuro con apprensione e, come in Star Wars, si parano davanti le pedine di una immensa partita a scacchi per l’accaparrarsi del potere assoluto, dove popoli e fazioni avversi e tanto diversi tra loro come le rispettive etnie, si combattono per la vita e la morte. Sodalizi, tradimenti e doppiogiochismi sono all’ordine del giorno come in ogni saga che si rispetti. Così come quella riflessione altra, tra preveggenza e determinazione, tra capacità reale e sovrannaturale, cui qui viene dato forse più spazio che nel precedente Dune, focalizzato principalmente sull’impedimento naturale del verme all’estrazione della famosa Spezia, cui ognuno aspira e
di cui il pianeta Arrakis abbonda. L’annosa lotta per il potere derivato da un qualcosa che garantisce immensa ricchezza. Come non contendere per questo? Una storia vecchia millenni, nella realtà prima ancora che nella finzione.
“Un grande uomo non cerca di essere un leader, è chiamato ad esserloâ€
Chalamet - che sembra predestinato a mettersi in gioco per risolvere le cose, forte di particolari poteri in progress, educati al loro sviluppo fino alla massima estensione, dalla stessa madre Lady Jessica (Rebecca Ferguson). E dunque la diatriba si dilata da padre a figlio, mentre Paul/Chalamet si rafforza sempre più, di visione in visione, tramite frequenti sogni premonitori.
Un film indubbiamente interessante ma non abbastanza da ergersi a capolavoro assoluto. E questo per diverse ragioni. Dune non brilla per caratura di tempi, soprattutto nella seconda parte, così dilatati su spostamenti e colluttazioni, combattimenti vari e inevitabili corpo a corpo o di gruppo, che alla fine smorzano verve e mordente, andando a diluire l’intensità dell’introspezione, necessaria alla riflessione. D’altra parte a suo favore ci sono una fotografia ed un tocco di ripresa su ambientazioni e protagonisti, tipici di un cinema d’autore: come il giocare sull’intensità dei chiaroscuri in modo da virare il
Interiorizzazione avvalorata da un addestramento analogo alla infinita saga di Star Wars, in cui bene o male, la Forza mentale e la capacità di gestirla ai più alti livelli, può fare la differenza: in Dune molto elegante e di grande impatto, persino metafisico, la sequenza dell’educazione ed esortazione all’uso della voce, da parte della madre al figlio Paul. Fa da sfondo un’ampia ambientazione di interni di gusto medievaleggiante. Così Villeneuve mette in scena con navigata professionalità il classico contrapposto tra avvenirismo di mezzi, e tocco antichizzante di certe ambientazioni e costumi. L’andamento delle dune in pieno deserto, con le sue tempeste, ha poi degli scorci da favola, così come ha il suo fascino
quel che potremmo chiamare un moderno elicottero a forma di macro insetto, dotato di coltelli come ali, velivolo che, con il decollo, parafrasa meccanicamente, il volo di una libellula. Interessante, iconica immagine, d’altra parte, un po' abusata in un film come questo, di ben 155 minuti. Villeneuve non resiste neppure all’autocitazionismo con i mezzi in sospensione a forma elissoidale, qui in orizzontale, mentre in Arrival si imponeva all’attenzione il monolite in verticale: un altro mix tra antico (forma preistorica di roccia o maxi sasso di fiume) e avvenirismo Sci Fi. Con un debito morale all’anima metafisica Kubrickiana di 2001 Odissea nello spazio?