I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dal SAN SEBASTIÃN 2019 - Clive Owen e Tim Roth protagonisti di una "storia poliziesca emotiva" all'inizio della seconda guerra mondiale per François Girard - Disponibile in streaming su Chili, TIMVISION, Rakuten TV, Google Play, iTunes.
“Talvolta si dice che la distanza più breve così come quella più lunga nell’arte sia tra il molto buono e il davvero eccezionale, stasera forse David Rapoport supererà questo confine…â€
(The Song of Names; CANADA, REGNO UNITO, GERMANIA, UNGHERIA 2018; Drammatico; 113'; Produz.: Serendipity Point Films, Lyla Films in associazione con Feel Films, Film House Germany, Feel Films, Proton Cinema e Serendipity Point Films; Distribuz.: Koch Media)
Casting: Deirdre Bowen, Pam Dixon, Susie Figgis e Kirsty Kinnear
Scheda film aggiornata al:
17 Maggio 2021
Sinossi:
Al centro della storia c'è un bambino di nove anni, un prodigio del violino, chiamato Dovidl che si rifugia a Londra all'inizio della seconda Guerra Mondiale, essendo di origine polacca-ebraica, insieme al fratello Martin.
Dodici anni dopo il giovane scompare misteriosamente senza lasciare alcuna traccia prima di debuttare a teatro e gli unici indizi su quanto accadutogli emergono solo a distanza di decenni quando Martin, ormai intorno ai cinquanta anni, incontra un giovane violinista che sembra essere stato allievo del fratello, dando il via a una ricerca che porterà alla luce delle sorprendenti rivelazioni che riguardano entrambi gli uomini e Helen, la donna che ha avuto un ruolo rilevante nella vita di entrambi.
Short Synospis:
Tim Roth and Clive Owen star in an emotional detective story spread over two continents and a half century. Beneath the film's stunning and pulsing musical revelations burn the horror of a war and the lost souls extinguished from history
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Talvolta si dice che la distanza più breve così come quella più lunga nell’arte sia tra il molto buono e il davvero eccezionale, stasera forse David Rapoport supererà questo confine…†in Voice Over un radiofonico BBC.
c'è difatti un talentuoso della musica, un vero e proprio prodigio del violino, ben consapevole di esserlo: ha solo nove anni David Alias ‘Dovidl’, quando, essendo di origine polacco-ebraica, per l’appunto all’inizio del secondo conflitto bellico mondiale, si rifugia a Londra. Dopo un’audizione in cui il piccolo genio si fa notare per mancanza di umiltà e un carattere difficile, si vede costretto a salutare il padre per studiare, ospite presso una famiglia londinese cui viene affidato. Famiglia dove conosce e solidarizza, non senza difficoltà , con il coetaneo Martin, pianista in erba di minor genio, ma dal carattere decisamente più docile. Un legame che si rafforza negli anni a dispetto della distanza che li separerà per decenni.
La storia prende avvio in uno stadio intermedio della loro vita, in cui i due ragazzi sono adolescenti, e Martin, con il padre, attendono Dovidl per il suo primo concerto internazionale. L’attesa si protrae fin
ma si arriva anche finalmente al cuore di ‘quella canzone dei nomi’ che diventa, di fatto, un elegiaco inno alla memoria degli ebrei scomparsi, in particolare nel lager di Treblinka. Quella celebrazione, quelle note di violino, il riecheggiare di quei nomi, sono come un lamento e una preghiera che ti penetrano nel midollo, il grido di un popolo oltraggiato e ferito, annientato, e l’unico mezzo di veicolazione della memoria. Un qualcosa che sfiora vette celestiali e che resta incollato dentro come il sigillo di cera sulla trasmissione di un messaggio ‘memorabile’ di importanza vitale.
quella ‘canzone dei nomi’ diventa un inno alla memoria da togliere il fiato, e dopo un lungo silenzio, a quel pubblico che ha atteso così tanto quel concerto, non resta altra scelta che alzarsi in piedi per un’ovazione: all’artista ma, soprattutto, alla memoria che, grazie alle sublimi note di quel violino, dotato dell’anima del musicista che con lui interagisce in modo viscerale - complice un superbo montaggio - sa farsi univoca ed eterna voce universale.
“La pelle in cui sei nato la porti fino alla morte, ma la religione è come un cappotto, quando hai caldo puoi togliertelo………… Ce ne hai messo di tempo! Come vedi mi sono tolto il cappotto, per poi rimetterlo!â€.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)