IL PASSATO: LA NUOVA PELLICOLA DEL REGISTA DI 'UNA SEPARAZIONE', ASGHAR FARHADI, VEDE PROTAGONISTI BÉRÉNICE BEJO (THE ARTIST) E TAHAR RAHIM (IL PROFETA)
RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 21 NOVEMBRE
(Le passé; FRANCIA/ITALIA 2013; Drammatico; 130'; Produz.: Memento Films Production/France 3 Cinéma/Bim Distribuzione con la partecipazione di Canal +/Ciné +/France Télévisions con il sostegno di Eurimages/La Regione Ile-de-France/Centre National du Cinéma et de l’Image Animée/Programma MEDIA dell’Unione Europea in associazione con Memento Films Distribution/Cofinova 9/Indéfilms/Cinémage 7/Palatine Etoile 10 in coproduzione con Alvy Distribution/CN3 Productions; Distribuz.: BIM)
Dopo quattro anni di separazione, Ahmad torna a Parigi da Teheran, su richiesta di Marie, sua moglie, una donna francese, per portare a termine la procedura di divorzio. Nel corso del suo breve soggiorno, Ahmad scopre la conflittualità del rapporto che Marie ha con la figlia, Lucie. Gli sforzi di Ahmad per tentare di migliorare quel rapporto sveleranno un segreto del passato.
Commento critico (a cura di ERMINIO FISCHETTI)
Dopo il successo planetario e i numerosi premi, tra cui l’Oscar come Miglior Film Straniero e la vittoria al Festival di Berlino 2011 con La separazione, Asghar Farhadi affronta nuovamente il tema del titolo del suo film più noto per raccontare la storia di Ahmad, Marie e Samir, quando il primo torna da Teheran a Parigi dopo quattro anni per firmare i documenti per il divorzio dalla seconda, che è in procinto di sposare il terzo. Una storia di segreti dove i sentimenti diventano catene che non si possono spezzare e il dolore la fonte di meccanismi che innescano la perdita di pezzi di sé. Per andare avanti è necessario fare i conti con il passato, è necessario capire la vera natura dei propri sentimenti e viverli. Asghar Farhadi dirige con grande accuratezza un melodramma contemporaneo, lo depaupera di tutti gli elementi tipici del suo genere prosciugando, se non eliminando
del tutto, gli eccessi e limitandosi alla descrizione di un dolore profondo e autentico.
Come in Una separazione allestisce uno sfondo fatto di interni, la casa è il contenitore dove il dramma viene consumato, solo che stavolta lo sfondo si sposta dalla capitale iraniana alla Parigi periferica, liminale, fra binari di treni e lavanderie dove lavorano immigrati in nero. Il regista tratteggia perfettamente i due personaggi maschili, il primo Ahmad, una figura ancora sotterraneamente innamorato di Marie e sul quale lei stessa si “appoggia” ancora per tutto, un uomo del quale lei è fondamentalmente dipendente. Almeno in apparenza sembra così, ma in realtà è lui ad essere ancora profondamente innamorato di lei e pertanto continua ad essere la sua spalla, la guida per lei e le due figlie avute da un matrimonio precedente. Dall’altro lato Samir non propriamente preso e forse ancora innamorato della moglie in coma per la quale
prova un profondo senso di colpa. Sullo sfondo il figlio di Samir, Fouad, e quelle di Marie, Léa e soprattutto Lucie, un’adolescente che rifiuta il nuovo matrimonio della madre e che è profondamente legata ad Ahmad.
Così, gli elementi narrativi del melodramma americano classico, quelli kitsch, grondanti colori e passioni, che Douglas Sirk descriveva negli anni Cinquanta in melò come Secondo amore e Lo specchio della vita e dal quale Farhadi riprende soprattutto la conflittualità generazionale nei rapporti fra madre e figlia, qui restano trattenuti attraverso uno sfondo molto basico, una fotografia livida, grigia, emozioni sottese, ma evidenti nella loro empietà e che non lasciano scampo. Lo evidenziano i dialoghi, i comportamenti dei personaggi.
Costruito perfettamente, tranne per alcuni elementi minimi nel pre-finale, Il passato è un dramma umano di forza straordinaria che racconta la vita e le emozioni, la perdita e le rassegnazioni, la sconfitta data dalla vita e
dagli amori. E il finale, bellissimo e toccante, nonché aperto e che sposta il focus della vicenda su un altro aspetto divenuto nel frattempo determinante, lascia intendere che nulla passa, che tutto in qualche modo resta sospeso fino a che non si fanno i conti con la vita e con se stessi. Nel bene come nel male. Farhadi dimostra ancora una volta di saper gestire sia il materiale filmico che quello umano delle sue storie e di saperli fondere in un unico connubio di grande empatia e forma. Merito anche di una recitazione di gran classe di tutto il cast, bambini compresi. Anzi forse soprattutto loro e i loro personaggi danno linfa vitale ad una già ottima costruzione.
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano BIM Distribuzione e Samanta Dalla Longa (QuattroZeroQuattro)